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«Renzi si riprenderà, perchè rimane l’unico leader del campo moderato e riformista». Claudio Velardi, giornalista, saggista e consigliere politico dei governi D’Alema, avverte: il renzismo non è finito con il 4 marzo.
Eppure la direzione Pd ha archiviato Matteo Renzi, il suo è un addio o un arrivederci? E’ sicuramente un arrivederci. La direzione di ieri non poteva che fare così, ma sul medio e lungo periodo il Pd dovrà gestire una situazione durissima, perchè non ha al suo interno una leadership alternativa a quella di Renzi. Lui è l’unico leader dell’area moderata e riformista - e in questo campo inserisco anche dei pezzi di Forza Italia - che ha la possibilità di rimettersi in piedi. A una condizione, però.
Quale? Che si assenti radicalmente dalla politica, come del resto doveva fare un anno fa. Oggi non può pensare di essere protagonista di nessuna delle operazioni politiche, ma deve stare a bordo campo in attesa degli errori altrui. La sua deve essere una scomparsa radicale, per poi far pesare la sua mancanza. Se sarà capace di fare questo, io credo che rimarrà ancora l’unico leader spendibile.
Nel frattempo, il Pd ha scelto l’impasse. Avrebbe potuto muoversi diversamente? Dal punto di vista politico e soprattutto con una prospettiva a breve termine, il Pd aveva davanti una via obbligata. Tutto sommato, la direzione di lunedì non poteva fare nulla di diverso, come mosse interne e come posizionamento. Allo stesso tempo, però, il Pd deve sapere che, alla fine di questo percorso di guerra, dovrà votare a favore della soluzione del governo che si prospetterà al termine delle consultazioni.
E che soluzione di governo sarà, secondo lei? Al momento, l’ipotesi più plausibile è quella del “tutti a bordo”.
Eppure dalla direzione la linea condivisa è quella di stare all’opposizione. Al momento la direzione Pd è riuscita a compattarsi su questa posizione, ma sulla media e lunga istanza sarà impossibile tenerla. L’idea di un’opposizione purchè sia è troppo rigida e porterà di certo ad uno sfaldamento del gruppo.
I parlamentari Pd non rimarranno compatti su questa linea? Se la linea sarà bloccata, tanto da portare a pensare che per colpa del Pd si riandrà al voto oppure si arrivi a una situazione di difficile equilibrio, ecco che allora i topi inizieranno a scappare. A stento sono entrati in Parlamento, tornare alle urne sarebbe un eccessivo azzardo: del resto, siamo tutti esseri umani.
Quindi trovare una maggioranza politica è impensabile? L’equazione è semplice: il Pd non vuole fare governo col Movimento 5 Stelle e ha ragione, perchè le distanze sono abissali. Non lo vuole fare, però, nemmeno con il centrodestra perchè non può permettersi di mettere i grillini in una posizione di favore. Su opposto fronte, i 5 stelle e la Lega difficilmente troveranno un’intesa di maggioranza. Insomma, nessuna di queste soluzioni è praticabile, quindi l’unica strada, seppur sbiadita politicamente, è quella in cui tutti quanti consentano la nascita e la sopravvivenza di un governo.
Il leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, però, parla di attentato democratico se il primo partito del Paese non riceverà il mandato a governare. Di Maio per ora è molto rigido e lo ha mostrato anche ieri, durante l’incontro con la stampa estera. Si limita a dire: “Noi decidiamo, noi diamo le carte” e ha ribadito di essere disposto ad andare a nuove elezioni. In sostanza non sta esercitando alcuna leadership, ma sta solo mostrando i muscoli. Siamo però ancora alle premesse, il primo vero test saranno le elezioni dei presidenti di Camera e Senato.
Eppure Di Maio si sta muovendo molto, sia negli ambienti cattolici che in quelli imprenditoriali. Si sta posizionando in pezzi della società, ma il vero esercizio della leadership si vede sul campo, portando a casa risultati politici. Ecco, da questo punto di vista si sta muovendo molto meglio Matteo Salvini, che gioca più di sponda ma lo fa in modo intelligente.
Per ora, quindi, il derby populista lo sta vincendo Salvini? Salvini se la sta giocando meglio di tutti. Da un lato cavalca gli argomenti tipici della politica sovranista e securitarista che lo ha contraddistinto, ma nello stesso tempo sta mostrando la capacità di muoversi nell’agone politico del governo. Insomma, ha decisamente strappato a Silvio Berlusconi l’egemonia comunicativa.
Tornando allora al possibile governo del “tutti a bordo”, chi potrebbe essere il premier? Di sicuro nessuno dei due leader vincitori e improbabile anche che lo diventi Carlo Cottarelli, perchè gli italiani andrebbero coi forconi sotto palazzo Chigi. Verosimilmente, penso che la scelta ricadrà su qualcuno che abbia un profilo un minimo istituzionale.
E lei crede che Di Maio e Salvini siano disposti a un esecutivo di scopo e a tempo? Io rimango convinto che l’unica soluzione possibile sia un governo pur sbiadito, ma in cui si imbarchino tutti e senza data di scadenza. Anzi, mi fa sorridere che qualcuno pensi di immaginare un governo a uno, due o tre mesi. Quando si fa un governo lo si fa e basta: si sa quando parte ma non quando finisce.
Non crede all’ipotesi di un esecutivo con l’unico obiettivo di riscrivere la legge elettorale? E se l’Unione Europea chiede che si presenti la Finanziaria, rispondiamo di no? Quella del governo a tempo è una sciocchezza da dire in questi giorni difficili, in cui la stampa, i politici e gli intellettuali sono accomunati da un unico elemento: quello di non capirci nulla.