La pace tra Ucraina e Russia passa attraverso lo scambio di prigionieri. Ne sono convinti alcuni dissidenti e oppositori politici russi in carcere, che hanno scritto una lettera diffusa dall’agenzia Reuters. Tra i firmatari l’avvocato Alexei Gorinov (si veda Il Dubbio del 15 febbraio 2024) e Alexander Shestun, ex amministratore pubblico finito in galera per essersi opposto al progetto di un impianto per lo smaltimento di rifiuti nel distretto di Serpukhov, non distante da Mosca (si veda Il Dubbio del 5 dicembre 2022). I dissidenti dietro le sbarre chiedono alla comunità internazionale, rivolgendosi a partire dai primi ministri e ai Capi di Stato dei Paesi europei, di effettuare immediatamente uno scambio di prigionieri di guerra e civili, secondo la formula “tutti per tutti”, compresi gli ostaggi civili ucraini.

A ciò si aggiunge la richiesta di rilasciare immediatamente e incondizionatamente «i prigionieri politici malati che muoiono nelle carceri russe» e di «non restare in silenzio, non coprire attivamente sui media internazionali le attività dei cittadini russi che continuano a rischiare la vita nella lotta per la libertà e la democrazia». Inoltre, si fa appello alla comunità internazionale affinché sostenga «la lotta dei cittadini russi» con «risoluzioni a nome dei parlamenti, delle associazioni politiche e dei partiti dei politici dei paesi democratici».

Il caso di Gorinov è emblematico. Deve scontare in totale dieci anni di carcere. È stato il primo cittadino russo condannato per il reato sui cosiddetti “falsi sull’esercito”. Nel 2022 criticò le forze armate di Mosca impegnate nell’invasione in Ucraina, utilizzando una parola ormai vietata in Russia: guerra. Tra i firmatari dell’appello c’è anche l’attivista per i diritti umani diciannovenne Darya Kozyreva, accusata di aver ripetutamente screditato le forze armate e condannata nella primavera scorsa a quasi tre anni di carcere dal tribunale di San Pietroburgo.

«Siamo – scrivono i dissidenti nel loro appello almeno 10.000 tra prigionieri politici russi e ostaggi civili ucraini. Siamo tutti puniti per una cosa sola: aver preso una posizione chiara come liberi cittadini. Nella Russia di oggi sono assenti i concetti di giustizia ed equità. Chiunque osi pensare in modo critico può finire dietro le sbarre. In Russia non ci sono assoluzioni nei processi con al centro fatti di matrice politica. Le pene, sempre più pesanti, sono in aumento; nessuno si sorprende delle pene detentive a 10, 15 e 20 anni di galera. La Duma di Stato chiede regolarmente il ripristino della pena di morte. In precedenza, le possibilità che i processi politici venissero trattati in modo equo dai tribunali russi erano scarse, sono definitivamente scomparse dopo che la Russia si è rifiutata di conformarsi alle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2022».

Dal 2012, la legislazione repressiva voluta da Vladimir Putin, volta a sotterrare qualsiasi dissenso, è stata costantemente inasprita. Dal 2018 al 2022 sono state adottate almeno 50 leggi liberticide e dal 24 febbraio 2022 – giorno dell’aggressione militare ai danni dell’Ucraina - si è superata la soglia delle 60 leggi che reprimono il dissenso. «Le istituzioni per i diritti umani nella Russia moderna – aggiungono gli oppositori del boss Cremlino - sono state completamente sostituite da organismi che si limitano a imitare le attività a tutela dei diritti umani. Di conseguenza, la salute e la vita dei prigionieri politici sono a rischio. La tortura e le pressioni esercitate per estorcere delle confessioni sono diventate ormai la prassi. I prigionieri politici sono, rispetto ai detenuti comuni, sottoposti a condizioni carcerarie più dure e sono privati della possibilità della libertà condizionata e di allentamento del regime detentivo».

In tale contesto si aggiunge pure la possibilità, ormai molto frequente, di avviare ulteriori procedimenti penali sulla base di denunce di altri detenuti.

Sergej Davidis, responsabile del progetto “Sostegno ai prigionieri politici” dell’organizzazione Memorial', è convinto che solo attraverso un lavoro di sensibilizzazione della comunità internazionale si potrà giungere alla liberazione degli oppositori politici. Quasi un anno fa, ad agosto, la Russia scarcerò Oleg Orlov (cofondatore di Memorial), Vladimir Kara- Murza e Ilya Yashin. «La richiesta di rilascio dei prigionieri politici – dice Davidis -, nell’ambito di una risoluzione pacifica del conflitto armato tra Russia e Ucraina è stata a lungo ascoltata dalle comunità per i diritti umani e dalla comunità democratica russa.

In particolare, il rilascio delle persone private della libertà in Russia per le loro posizioni o azioni contrarie alla guerra o filo- ucraine è uno dei punti della campagna “Prima il popolo”. Memorial si batte costantemente per il rilascio dei prigionieri politici da molti anni. E la lettera dei dissidenti, con l’autorevolezza che essi rappresentano, rafforza il lavoro che facciamo e la nostra posizione. Sosteniamo con convinzione l’appello degli oppositori politici ed esortiamo i media europei e non solo a diffondere tutte le notizie di questa iniziativa riguardante circa 10.000 prigionieri del regime».