La storia del rapimento e dello stupro di Dinah, figlia di Giacobbe, è raccontata nel Libro della Genesi. A questa figura biblica si sono ispirati i ricercatori del “Dinah Project”, autori di un accurato studio sulle violenze subite dalle donne israeliane durante e dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023. Il rapporto, finanziato dal governo britannico, si è avvalso del contributo dei giuristi dell’Università israeliana Bar-Ilan. Il team è stato guidato dalla professoressa Ruth Halperin Kaddari della facoltà di giurisprudenza e annovera l’ex ostaggio Ilana Gritzewsky, l’ex procuratrice militare Sharon Zagagi-Pinhas e l’ex giudice Nava Ben-Or.

La conclusione alla quale si giunge è chiara: lo stupro, quasi tre anni fa, è stato utilizzato da Hamas come arma di guerra. Il rapporto contiene decine di testimonianze e prove di stupri, aggressioni sessuali e mutilazioni intenzionali. Nel documento di 84 pagine sono riportati i racconti di una sopravvissuta agli stupri di Nuba, di 15 sopravvissuti alla prigionia e di 17 testimoni oculari. Le violenze sessuali dell’ottobre 2023 si sono verificate in almeno sei luoghi diversi: il Nuba Festival, l’autostrada 232, la base di Nahal Oz e i kibbutz di Re’im, Nir Oz e Kfar Gaza. Le aggressioni sessuali nei confronti degli ostaggi si sono verificate anche durante la prigionia e in alcuni casi hanno portato alla morte di chi è stato prelevato con la forza dalle milizie di Hamas.

I ricercatori del “Dinah Project” hanno esaminato oltre 5.000 foto e circa 50 ore di filmati degli attacchi, forniti da agenzie statali e organizzazioni indipendenti. Sono state effettuate, precisano dal progetto, «interviste secondo gli standard e la metodologia delle Nazioni Unite, con un totale di 34 intervistati, tra cui sopravvissuti e testimoni degli attacchi del 7 ottobre, ostaggi rilasciati, alcuni soccorritori e operatori sanitari». Dalla ricerca emergono due elementi importanti: la complessità e il modus operandi degli attacchi. Questi ultimi si sono verificati in tre ondate e sembrano dimostrare un «livello significativo di pianificazione, coordinamento e conoscenza approfondita degli obiettivi selezionati».

L’elenco dei crimini commessi, oltre alle violenze sessuali, è lungo e comprende, tra gli altri, il sequestro di persona, il sequestro dei cadaveri degli ostaggi, l’esposizione al pubblico degli ostaggi, sia vivi che morti, la mutilazione di cadaveri, inclusa la decapitazione, senza tralasciare il saccheggio e la distruzione di proprietà private. «Fonti attendibili – spiegano dal “Dinah Project” - hanno descritto il ritrovamento di individui uccisi, per lo più donne, i cui corpi erano nudi dalla vita in giù, alcuni completamente nudi, legati con le mani dietro la schiena, molti dei quali erano stati colpiti alla testa. Sulla Strada 232, informazioni attendibili, basate sui resoconti dei testimoni, descrivono un episodio di stupro di due donne da parte di soggetti armati. Altri casi segnalati di stupro non hanno potuto essere verificati nel tempo assegnato». Nel kibbutz Re'im gli autori della ricerca hanno rilevato la violenza sessuale nei confronti di una donna fuori da un rifugio antiaereo.

La professoressa Ruth Halperin Kaddari non ha dubbi: «Per stabilire che la violenza sessuale commessa da Hamas il 7 ottobre costituisca un crimine contro l’umanità, non è necessario accertarne la prevalenza o addirittura l’accurata attribuzione. Secondo lo Statuto di Roma, quando lo stupro è commesso “come parte di un attacco diffuso o sistematico diretto contro qualsiasi popolazione civile, con la consapevolezza dell’attacco” costituisce un crimine contro l’umanità».

Il rapporto sulle violenze di due anni fa lancia una duplice sfida, legale e strategica. «Alla luce dell’ondata di negazionismo proveniente dalla comunità internazionale – si legge nel documento -, che si unisce alle complessità legali che caratterizzano questo evento, è di fondamentale importanza riconoscere e comprendere la natura di questi efferati crimini sessuali e assicurare i loro autori alla giustizia, al fine di garantire la responsabilità e prevenire l’impunità».

Una delle ricercatrici, Zagagi-Pinhas, sostiene che «quello che abbiamo scoperto mostra chiaramente che si sono verificati stupri e stupri di gruppo in numerosi luoghi». «Il fatto che ciò sia accaduto ripetutamente – aggiunge l’ex procuratrice militare -, in base a schemi specifici, indica una pianificazione premeditata, non un’eccezione».

Secondo la senatrice di Fratelli d’Italia, Susanna Donatella Campione (componente della Bicamerale contro la violenza sulle donne), il rapporto di “Dinah Project” presenta un quadro agghiacciante della violenza sessuale come arma di guerra da parte dei terroristi di Hamas, durante il massacro del 7 ottobre 2023. «La politica – sottolinea Campione - deve parlare con una sola voce della piaga degli abusi sessuali e appare condivisibile la richiesta delle autrici del rapporto, che chiedono al Segretario generale Onu di inviare una commissione d’inchiesta e di includere Hamas nella lista nera delle organizzazioni che usano la violenza sessuale come arma di guerra».