«Non fermate gli impianti dell’ex Ilva». L’ordine non arriva da palazzo Chigi, né dal ministero dello sviluppo economico. L’invito - perché formalmente di questo si tratta: di un invito - è arrivato dal presidente del Tribunale di Milano, il giudice che il prossimo 27 novembre dovrà decidere sul ricorso nel quale i commissari straordinari dell’impianto pugliese chiedono di evitare il blocco della produzione, lo spegnimento degli altiforni e la messa in mobilitazione degli operai.

Ma per il momento l’azienda lascia aperto uno spiraglio e nella serata di ieri ha annunciato che l’alto forno 2 resterà attivo. In ogni caso la vicenda Ilva sia finita completamente nelle mani delle giustizia è chiaro anche dalla presenza di bene due inchieste. Una della procura della repubblica di Milano e l’altra, è notizia di ieri, di quella di Taranto. Entrambe nate nei giorni successivi l’annuncio di Arcelor- Mittal di abbandonare l’impianto.

Il procuratore milanese Greco ha giustificato l’apertura di un fascicolo perché «ravvisando un preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle necessità economico- produttive del paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale, ha deciso di esercitare il diritto/ dovere di intervento, previsto dall'ultimo comma dell' art. 70 del codice di procedura civile».

Parallelamente a quella di Milano, prosegue anche l’indagine della procura di Taranto. Dopo aver avviato l’inchiesta contro ignoti, prefigurando l’ipotesi di reato di distruzione di materie prime o prodotti industriali, e di mezzi di produzione con danni all’economia nazionale ( articolo 499 del Codice penale), la Procura di Taranto potrebbe ordinare già da oggi le prime ispezioni nel siderurgico di Taranto. «È una cosa seria, ci stiamo già muovendo» ha commentato il procuratore capo di Taranto, Capristo, un’ora dopo aver ricevuto, insieme al procuratore aggiunto, Carbone, i commissari dell’amministrazione straordinaria Ilva, Ardito, Danovi e Lupo, che gli hanno consegnato un esposto- denuncia dove indicano, da parte di ArcelorMittal, comportamenti lesivi dell’economia nazionale.

«Un governo “Scherzi a parte” solo che la stanno pagando gli italiani. Sul’Ilva si sta dimostrando la pericolosità di questo governo», ha commentato il leader leghista Matteo Salvini criticando. «Al governo o abbiamo dei cretini o abbiamo degli incapaci. In entrambi i casi - ha sottolineato - non è una buona notizia per gli italiani perchè ammesso e non concesso che questa azienda avesse già l’idea di chiudere, se uno cambia le carte in tavola e toglie lo scudo gli dai la scusa migliore per scappare. Replica del renziano Marattin il quale ricorda: «E’ Salvini che 5 mesi fa ha tolto lo scudo penale».

E sulla vicenda interviene anche l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, il quale chiede le reimmissione dello scudo penale «sia nell’ipotesi che continui Arcelor- Mittal sia che intervenga lo Stato anche se in parte minoritaria».

E nella tarda serata di ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagall. Sul tavolo proprio la spinosissima vicenda ex Ilva ma anche di altre vertenze.

Al momento le date dello stop dell’impianto rimangono quelle annunciate da Arcelor: l’altoforno 2 navrebbe dovuto cessare la sua attività il 13 dicembre, l’altoforno 4 il 13 dicembre e l’altoforno 1 il 15 gennaio. Il numero 5 è spento dal 2015 mentre il terzo non è più in funzione da alcuni anni.

Infine l’appello della ministra Bellanova: «La questione dell’ex- Ilva non si rivolve nelle aule giudiziarie, ma è necessario rimettere le condizioni che c’erano quando è stato firmato l’accordo per la cessione».

E poi: «Se ti trovi davanti alla questione Ilva non ti puoi girare dall’altra parte, dire che è responsabilità di qualcun altro, nè puoi pensare che è nelle aule giudiziarie che risolvi il problema, perchè ha perso la politica quando arrivi alle aule giudiziarie», ha concluso Bellanova.