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I prossimi giorni saranno decisivi per il pagamento del gas russo acquistato dall’Italia che l’l’Eni deve effettuare a Gazprom entro la seconda metà di maggio. Come è noto, Putin aveva firmato a fine marzo un decreto, con finalità di “retaliation” nei confronti dell’Occidente, prevedendo il pagamento in rubli del gas venduto ai paesi membri dell’Ue. In realtà la lettura attenta dell’Ucaz (Decreto) del Presidente della Federazione Russa del 31 marzo 2022, aveva fatto emergere, come riportato in queste pagine il 30 aprile scorso, che nulla cambiava per gli acquirenti di gas russo, come l’Eni, salvo l’adempimento di aprire 2 conti (uno nella valuta prevista dal contratto di fornitura, e l’altro in rubli) presso la Gazprom Bank, la quale avrebbe provveduto a cambiare in rubli la valuta estera accreditata nel primo conto, vendendola tramite la Borsa di Mosca, per accreditare poi il ricavato (in rubli) nel secondo conto. Pertanto il decreto di Putin, invece di danneggiare i paesi europei, colpiva Gazprom, che veniva privata delle pregiate valute estere, ricevendo in cambio rubli, il cui valore effettivo è piuttosto incerto, visto che le stesse banche russe si guardano bene dal vendere dollari ed euro al tasso ufficiale che risulta dai mercati finanziari. Cosa farà quindi l’Italia, o meglio l’Eni, che è la controparte italiana di Gazprom? E che cosa succederà alle famiglie italiane, visto che la maggioranza di esse utilizzano il gas per cucinare e riscaldarsi? E’ difficile immaginare un tema di interesse pubblico più importante di questo, almeno in questi giorni. Eppure non pare che ci sia grande attenzione mediatica sulla questione. Questo ha spinto Il Dubbio ad effettuare le opportune verifiche, dalle quali emerge che l’Eni non abbia ancora avviato la procedura per l’apertura dei 2 conti presso Gazprom Bank, ma che al tempo stesso non esclude di procedere in quella direzione, circostanza che avverrà presumibilmente all’ultimo momento, e in assenza di ulteriori provvedimenti normativi comunitari impeditivi dell’apertura di quei conti. In effetti, finora, l’attuale impianto normativo comunitario delle sanzioni contro la Russia, che si trova nel Regolamento Ue 833/2014, del 31 luglio 2014 (modificato ben 14 volte, tra cui 9 volte a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa) spiega all’art. 1, lettera o), che il divieto di finanziamenti a soggetti russi, previsto dall’art. 3-bis, par. 1, lett. b), non riguarda “Pagamenti e termini e condizioni di pagamento dei prezzi concordati per beni o servizi, effettuati in linea con la normale prassi commerciale”. Pertanto, dal punto di vista legale nulla dovrebbe impedire all’Eni di dar seguito alle modalità indicate dal citato Decreto del Presidente della Federazione Russa, tanto più che l’art. 6 di questo decreto stabilisce (è il caso di ricordarlo) che “l'acquirente straniero deve trasferire i fondi su un apposito conto in valuta di tipo K (da aprire presso la Gazprom Bank, come prescritto dall’art. 2, ndr) nella valuta estera specificata nel contratto di fornitura di gas naturale, e la banca autorizzata (ossia Gazprom Bank, ndr), sulla base delle istruzioni dell'acquirente estero, ricevute secondo le modalità previste dalle regole della banca autorizzata, vende la valuta estera ricevuta dall’acquirente estero su tale conto, attraverso il trading condotto dalla società per azioni pubblica Moscow Exchange MICEX - RTS (la Borsa di Mosca, ndr)”. Dato che il successivo articolo 7 del decreto di Putin conferma che “l’obbligazione per l’acquirente estero di pagare la fornitura di gas (in rubli, ndr) … è considerata eseguita dal momento in cui i fondi ottenuti dalla vendita della valuta estera sono accreditati ... in un conto in rubli...”, tutto lascia intendere che la palla sia ora nelle mani dell’Italia. Va detto che Il Dubbio ha contattato anche l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri per conoscere la posizione ufficiale del Governo italiano su questo tema piuttosto urgente, ma nelle poche ore intercorse tra la richiesta e l’invio alle stampe dell’articolo, non era giunta nessuna indicazione in merito. In conclusione, tutto lascia immaginare che l’Eni farà quanto necessario per continuare ad avere forniture di gas, ma non bisogna sottovalutare la determinazione della Russia a reagire al sostegno europeo all’Ucraina, e soprattutto all’allargamento della Nato con la Finlandia, e presumibilmente, anche con la Svezia. Insomma, con la Russia di oggi non si può essere sicuri di nulla.