«Tutto il tuo passato è oscuro ... Quarantaquattro anni del tuo governo, questo è l'anno del fallimento». Così cantava e per questi versi è ricordato e amato da tanti giovani iraniani il rapper Toomaj Salehi.

La sua voce è stata spenta con la forza dalle autorità quando è stato incarcerato il 30 ottobre dello scorso anno per aver partecipato alle massicce proteste di piazza esplose all'indomani della morte di Msha Amini, la ragazza curda morta nelle mani della polizia morale.

Lunedì scorso il rapper 33enne si è visto infliggere una condanna a sei anni e tre mesi di prigione. Le accuse formulate dalla magistratura controllata dagli ayatollah sono quelle che hanno già portato in carcere migliaia di ragazzi e ragazze per la loro opposizione al potere della teocrazia islamica: diffusione di corruzione sulla Terra, aver violato le leggi della Sharia.

E poi cooperazione con stati ostili contro la Repubblica islamica, propaganda contro il sistema, formazione di gruppi illegali per minare la sicurezza, diffusione di menzogne per fomentare l’opinione pubblica attraverso i social network e incoraggiamento verso altre persone a mettere in atto azioni violente.

Un castello accusatorio tale da far rischiare a Toomaj la pena di morte. Il regime infatti ha usato le esecuzioni come deterrente per intimorire la protesta e nelle mani del boia sono finite almeno sette persone accusate anch'esse di aver attaccato le forze di sicurezza.

In molti casi le pene sono state comminate nel corso di processi farsa celebrati in tribunali segreti dove agli imputati è stato negato il diritto di difendersi e di avere un'assistenza legale.

La condanna di Toomaj Salehi rientra nella repressione totale contro chiunque esprima le sue critiche in qualsiasi maniera; l'inquisizione del regime islamico (il ministero della Cultura e della Guida islamica), ha caratteri medievali ma ai censori non sfugge che la pervasività dei versi uniti alla diffusione che corre sui social rappresentano un pericolo soprattutto per l attenzione suscitata nei giovani. Diversi rapper sono stati arrestati negli ultimi anni, mentre altri hanno scelto di vivere in esilio. Come nel caso di colui che è considerato il capostipite della cultura hip hop in Iran, il celebre Hichkas, anche lui fuggito all'estero.

Non a caso Salehi era da tempo nel mirino delle autorità per i suoi testi, nelle sue parole la rabbia per la corruzione, la repressione e ingiustizia in Iran. Già nel 2o21 era stato arrestato e rilasciato dopo pochi giorni su cauzione: al contrario di questa volta, a liberarlo fu una vasta campagna partita dalla società civile. Toomaj non ha mai nascosto di sentire a rischio la propria libertà fin dall'inizio delle proteste, per questo aveva deciso di nascondersi, ma non di lasciare l'Iran.

Infatti venne tratto in arresto nella provincia di Chaharmahal Bakhtiari, la sua sorte era stata immediatamente resa nota grazie a suo zio Iqbal Iqbali il quale aveva fatto sapere che Salehi era stato condotto in un primo momento alla prigione Dastgerd a Isfahan. A quel punto le autorità avevano fatto circolare sui media ufficiali, una foto a scopo propagandistico nella quale si vedeva il rapper bendato e in stato di detenzione mentre veniva caricato su un'autovettura.

Trasferito nel famigerato penitenziario di Evin a Teheran Toomaj era finito nel buco nero della mancanza di notizie, una tecnica gia ben serimentata nei confronti di altri oppositori politici.

Il rapper era ricomparso dopo qualche tempo in un video nel quale confessava le sue presunte colpe in maniera del tutto strumentale.

Nelle immagini diceva di pentirsi e di scusarsi con il popolo iraniano per aver sbagliato. Subito inizio un altra campagna in Farsi, la lingua parlata da 77 milioni di persone in Medio Oriente, per non condividere il filmato.