GIl caso Fca divide la politica italiana - ma questa non è propriamente un novità - e configura nuove alleanze. E neanche questa, a dire il vero, è gran una novità. Ma andiamo ai fatti. A quanto pare Fca Italy ha chiesto un prestito di 6,3 miliardi a banca Intesa San Paolo, garantito per l'80% dell'importo da Sace, società per azioni con unico socio Cassa depositi e prestiti, a sua volta controllata dal ministero dell'Economia. Di qui l’indignazione di chi, dal vicesegretario dem Andrea Orlando fino all’ex dem Carlo Calenda, ha fatto presente che Fca paga gran parte delle sue tasse all’estero e, dunque, dovrebbe evitare di attingere alle casse pubbliche del belpaese. Ma quando il capo dei metalmeccanici della Cisl, Marco Bentivogli, ha fatto notare che con quei soldi Fca paga gli stipendi degli operai italiani - peraltro parlando di polemiche da salotto radical chic - Calenda ha prima ingoiato il rospo ma poi ha rilanciato, ricordando a quanti se ne fossero dimenticati che mentre Fca incassa 6 e passa miliardi dall’Italia, con l’altra mano si prepara a distribuirne (di miliardi) ben 5,5 in dividendi. Ma la spaccatura ha attraversato anche il Pd. L’ex renziano Marcucci ha fatto propria la posizione di Bentivogli: «Le sue parole dovrebbero aiutare a chiudere una polemica sganciata dai fatti». Mentre Orlando ha rivendicato la propria posizione: «Un’impresa che chiede ingenti finanziamenti allo Stato italiano riporta la sede in Italia. Attendo - conclude - strali contro la sovietizzazione e dotti sermoni sul libero mercato». Da parte sua Italia viva, con in testa Renzi, ha invece difeso la posizione di Fca: «Questo prestito ha una garanzia Sace al 70 per cento prevista dalla normativa. Ma il prestito - ha sottolineato - serve per fare investimenti in Italia, per tenere aperte le fabbriche in Italia». Un lascia passare al prestito condiviso anche dal leader leghista Salvini. Segno che le convergenze parallele tra i due Matteo continuano anche in economica.