Giovanni Lega, presidente dell’Asla (Associazione studi legali associati), sgombra il campo da alcuni stereotipi che si sono consolidati nel tempo e sottolinea, prima di ogni cosa, l'importanza delle persone, della singola avvocata e del singolo avvocato. «Gli studi legali associati – afferma - vengono spesso accomunati solo ai grandi studi. È bene però evidenziare che nella nostra realtà a fare la differenza sono sempre i singoli anche se abbiamo a che fare con studi composti da centinaia di persone. Oggi il mondo è cambiato e occorre quindi adeguarsi. Sono spariti quasi del tutto i confini fisici e come conseguenza abbiamo assistito all’esigenza di organizzare il lavoro in forma associata». Il numero uno di Asla confida in una rinnovata sensibilità verso gli studi legali associati.

«Spero – dice al Dubbio - che la nuova compagine politica e legislativa cominci a valutare nel suo contesto globale l’avvocatura. Gli studi legali associati sono una parte molto importante, tenuto conto del contributo fornito a Cassa forense e al pil della stessa avvocatura».

Attualmente esistono quindici delegazioni che rappresentano Asla sul territorio nazionale. Inoltre, le attività dell’associazione possono contare sul contributo di diciotto gruppi di lavoro specializzati, ciascuno dei quali si occupa di una particolare tematica ( si va dall'antiriciclaggio al diritto tributario, passando per il diritto d'impresa, il lavoro e il diritto dell'ambiente e dell'energia).

Presidente Lega, com’è cambiata l’Asla negli ultimi anni?

Abbiamo mantenuto sempre, nonostante i cambiamenti ai quali abbiamo assistito da circa quindici anni a questa parte, il nostro comune denominatore, vale a dire l’organizzazione. Negli ultimi anni è cambiata la diramazione in altre parti d’Italia, diverse da Milano e da Roma. Il tema dell’associazionismo è diventato fondamentale. Molti professionisti lo considerano una delle strade più efficaci per affrontare il futuro, improntato sulla tecnologia, le relazioni, lo stragiudiziale e le competenze ormai sempre più particolari. Nel mondo delle operazioni straordinarie non basta più essere un M& A lawyer, ma occorre essere esperto del settore dell’industry per trattare al meglio una serie di operazioni. Ma aggiungerei dell’altro.

Dica pure…

Fortunatamente, sia Asla che le nostre istituzioni si sono rese conto che c’è molta più collaborazione da mettere in campo. I professionisti che appartengono agli studi associati di Asla non sono nati né grandi né sono avvocati che svolgono una professione diversa. La esercitano, però, in un modo diverso da tanti altri che hanno pari dignità. Le ragioni sono oggettive e sono legate alle peculiarità del mercato legale. Si pensi a quello milanese e romano.

Nel Congresso nazionale forense è stato ribadito un concetto molto preciso: valore allo studio legale, ma ancora di più alle persone. Si tratta di un binomio indissolubile?

Sono fermamente convinto su una cosa. Io ritengo che le società di servizi debbano essere fondate su un presupposto fondamentale che è quello della fiducia. La fiducia, prima di tutto, nell’essere umano, dopo nei confronti del professionista. Facciamo un esempio: se io devo farmi operare al cuore mi reco da un professionista che poi rivedrò sporadicamente e poi mai più, mentre i soci e i professionisti dello studio legale con cui debbo condividere la vita professionale li voglio frequentare, li voglio vedere tutti i giorni e devo avere fiducia nei loro confronti e condividere dei valori fondanti per creare valore comune. La fiducia nell’uomo e la competenza professionale sono alla base del networking. Il più grande business developer è interno, è fra i soci, fra i professionisti.

Negli anni passati la presenza di Asla era soprattutto concentrata nel Nord Italia. Ora siete presenti quasi ovunque. È cambiata la geografia dell’associazione?

Prima di alcuni accorgimenti normativi, precedentemente al regime di flat tax forfettario, è stato creato un enorme disincentivo. Il primo motivo deriva dal fatto che i valori, da Roma in giù, soprattutto per dei soci giovani, possono essere compresi nella flat tax. Il secondo motivo è strettamente connesso al primo. Se io non posso essere socio per potere ottenere la flat tax, si verifica, come appena detto, un disincentivo. Questo ha un po’ frenato lo sviluppo delle associazioni. Ha creato dei condomini, che difficilmente riusciranno a vedere un processo vero di integrazione. Non si creano dei veri e propri matrimoni. Dei percorsi comuni. Molti colleghi, l’ho notato anche dopo il mio intervento al Congresso nazionale forense di Lecce, ci chiedono come strutturarsi e come organizzarsi. Siamo, però, completamente mancanti di strutture idonee.

I giovani avvocati come si approcciano alle attività di Asla? Sono desiderosi di cogliere nuove opportunità anche grazie alla presenza dell’associazione da lei presieduta?

Dai mercati più sofisticati, come quello di Milano, le opportunità che si presentano attirano l’attenzione e l’interesse dei giovani colleghi. I giovani oggi hanno una scala valoriale molto diversa da quella della mia generazione. In passato ci si focalizzava sul trovare un lavoro, costruirsi una carriera e badare alla parte economica per mantenere la famiglia. Oggi, i giovani, anche per gli scombussolamenti che ci sono stati, sia positivi o, comunque, irrefrenabili come la tecnologia, che ha reso la conoscenza liquida, sono alla ricerca di un equilibrio di vita, un work life balance, che non li porti a lavorare diciotto ore al giorno per non guadagnare niente.

I giovani si fregiano del titolo di avvocato in Italia all’età media di ventinove anni, quando in altri contesti lavorativi a quell’età si moltiplicano le esperienze e si fa carriera nello stesso posto di lavoro. Negli studi legali associati, che sono delle vere e proprie aziende di servizio, i giovani colleghi vengono valorizzati sin dall’inizio. Si tende a creare l’ambito più idoneo alle loro affinità elettive in competenze che non abbiamo ancora sdoganato.

Continuiamo a parlare ancora di competenze meramente legate al giudiziale, penale, civile, amministrativo. Il mondo dell’avvocatura deve rendersi conto, come i dati Censis hanno sottolineato, che tanto lavoro deriva dall’advisory e dallo stragiudiziale. In quel contesto i giovani sono più portati ad affinare le loro aspirazioni, si pensi al diritto bancario, all’arte e al diritto dello sport.