Stato di emergenza, Lima invasa da migliaia di manifestanti, scontri per le strade e traffico paralizzato. Il Perù è scosso dalle proteste che da circa un mese percorrono le strade e che si intensificano di ora in ora. Il bilancio è sanguinoso: almeno cinquanta le vittime tra i dimostranti e centinaia i feriti.

La situazione al momento più problematica e quella che si sta verificando nella capitale quando, sulla spinta della mobilitazione di due giorni indetta dal movimento sorto a seguito della destituzione e l'arresto dell'ex presidente Pedro Castillo, almeno diecimila persone giunte dalle provincie più remote stanno tentando di mettere in pratica quella che è stata chiamata la presa della capitale.

Contadini indios poveri, operai e una massa di diseredati si è riversata nelle ' calles' chiedendo le dimissioni della nuova presidente Dina Boluarte ( già vice di Castillo) e la ripetizione delle elezioni.

Non è una novità visto che Boluarte è la sesta personalità politica ascesa alla massima carica dello stato in cinque anni.

Questa volta però il movimento di protesta ha una caratterizzazione sociale molto marcata.

La stragrande maggioranza di coloro che protestano ha infatti la stessa estrazione di Castillo, figlio di una famiglia di contadini analfabeti.

Quest'ultimo in realtà è stato rimosso e incarcerato dopo un tentativo di sciogliere il Congresso nel dicembre dello scorso anno. Una sorta di colpo di stato avvenuto dopo un periodo di instabilità istituzionale con diversi tentativi andati a vuoto di formare un governo.

Per i manifestanti invece la defenestrazione di Castillo è stata una rappresaglia dei ceti dominanti, grandi imprenditori e proprietari terrieri che avevano mal digerito l'elezione di un ex campesino rappresentante della sinistra radicale peruviana.

In ogni caso la dinamica che si è messa in moto rischia di far precipitare il paese sudamericano verso un lungo e incerto periodo di caos politico e istituzionale con il rischio che le violenze aumentino divampando in tutto il Paese. Le settimane di proteste a livello nazionale infatti hanno segnato la peggiore violenza politica da più di vent'anni evidenziando le profonde divisioni tra l'élite urbana, in gran parte concentrata a Lima, e le aree rurali povere.

Dall'inizio delle proteste i morti accertati sono stati cinquanta, l'ultimo giovedì nella seconda città del Perù, Arequipa, dove centinaia di persone hanno tentato l'assalto all'aeroporto ma sono stati respinti dalla polizia.

Questo è stato uno dei tre scali aeroportuali che hanno subito attacchi da parte dei manifestanti due giorni fa, secondo Boluarte non si tratterebbe di una semplice coincidenza visto che sono stati assediati quasi contemporaneamente.

A Lima invece, nonostante il carattere abbastanza pacifico delle manifestazioni, si segnalano scontri e tafferugli con le forze di sicurezza che hanno tentato di impedire che i manifestanti raggiungessero gli edifici governativi chiave, tra cui il Congresso, così come i quartieri commerciali e residenziali della capitale.

Proprio in questa zona le immagini pubblicate sui social media hanno mostrato il divampare di un violento incendio con la polizia che ha invitato i cittadini a stare lontani dal luogo del rogo.

Per gran parte della giornata di giovedì, si e giocato al gatto e al topo con la polizia che ha eretto degli sbarramenti che i dimostranti hanno tentato di oltrepassare con fitti lancio di pietre mentre gli agenti hanno risposto con raffiche di gas lacrimogeni.

Secondo quanto riferito dal ministro dell'Interno Vicente Romero Fernández un totale di ventidue agenti di polizia e sedici civili sono rimasti feriti nel corso degli incidenti.

Nonostante la richiesta di dimissioni la presidente ha dichiarato in un discorso televisivo ieri che non intende mollare la carica, che le prossime elezioni si terranno nel 2026 e cioè alla fine dela legislatura, ringraziando la polizia per aver controllato le proteste violente e promettendo di perseguire i responsabili.

Boluarte ha criticato in movimento che ha marciato sulla capitale accusandolo di «non avere alcun tipo di agenda sociale di cui il paese ha bisogno e solo di voler rompere lo stato di diritto» inoltre ha sollevato dubbi sul finanziamento delle manifestazioni adombrando uno scenario di tipo brasiliano.

L'episcopato peruviano ha lanciato un appello affinché si ponga rimedio alla caotica situazione che sta attraversando il paese e ha chiesto ai politici unità, onestà e responsabilità per il bene della popolazione