La situazione è fluida, le acque molto agitate. La linea ufficiale del Pd di Nicola Zingaretti, per ora, rimane l’attendismo ma le dichiarazioni dei dirigenti si susseguono vorticosamente e ormai la briglia è sciolta. ZINGARETTI ATTENDISTA Il segretario ha pubblicamente rifiutato l’ipotesi di «accordicchi» e si è limitato ad un laconico «per ora un governo c’è ancora», ribadito con un duro comunicato stampa di smentita di tutte le indiscrezioni del fine settimana: «Siamo alla vigilia dell’intervento del premier Conte in Parlamento e in presenza di una crisi di governo ancora non parlamentarizzata. Per questo motivo, è privo di fondamento parlare di negoziato sul governo e addirittura di caduta di tabù per un eventuale Conte bis». I giorni e le ore, però, sono passate inesorabili e oggi alle 15 il premier Giuseppe Conte dirà in Senato ( salvo nuovi colpi di teatro) di che morte morirà il suo governo. E, appena questo tassello sarà inserito, scatteranno gli incastri successivi: i renziani, forti dello slancio «da ex presidente del Consiglio» di Matteo Renzi in favore di un governo istituzionale e di legislatura, sono altrettanto lanciati. Non solo, la benedizione è arrivata anche dal padre nobile Romani Prodi e mette insieme anche quel pezzo di zingarettiani sensibilizzati sul punto da un’altra eminenza grigia del partito, Goffredo Bettini. Eppure, il segretario continua a non essere convinto e si rifugia nel suo proverbiale attendismo: «Le mosse spettano al presidente della Repubblica». Però, se e quando arriverà la chiamata dal Quirinale per le consultazioni, anche il Pd dovrà aver maturato una soluzione condivisa e soprattutto univoca.Anche perchè, almeno sul fronte dei 5 Stelle, le condizioni per un potenziale accordo starebbero maturando, sotto la guida di Beppe Grillo. Chiusa definitivamente ( fino a prova contraria) la porta al traditore Salvini, non restano che i Dem per conservare il 32% in Parlamento e il governo del Paese. IL GOVERNO ANTI IVA DI RENZI Dopo le mosse di Conte, il Pd si riunirà in direzione il 21 agosto e in quella sede ci sarà il dibattito e la probabile decisione. Renzi ha già fatto sapere che alla direzione non parteciperà, ma lascia sul tavolo il suo appello ad un governo «anti- Iva». Anche ieri, dopo le notizie sulla frenata economica della Germania, ha scritto che «l’allarme della Bundesbank sull’economia tedesca e sul crollo della produzione industriale costituisce un problema enorme per l’Italia. Enorme. Anche per questo non voglio rischiare per colpa delle elezioni anticipate l’aumento dell’Iva al 25 per cento. Non sarebbe soltanto recessione: sarebbe un disastro peggiore del 2011. Prima i risparmi degli italiani». “Una trappola”, pensano in molti, che vedono nell’iniziativa renziana una tecnica per salvaguardare i propri parlamentari ( molti dei quali non verrebbero ricandidati dal nuovo corso zingarettiano) ma anche per sfilarsi lentamente proprio dal Pd. Il cambio di ruolo di Renzi - da bomber a regista avrebbe proprio questo scopo: i grillini non accetterebbero mai Renzi, Boschi o Lotti in un potenziale esecutivo giallorosso, ma questo permette ai renziani di tenersi le mani libere per eventuali iniziative autonome. In altre parole: avallare l’accordo Pd zingarettiano- 5 Stelle, per poter fare all’occorrenza la parte dell’opposizione. LA LINEA ROSSA DEI GRILLINI Il sospetto è forte e subdorato da molti, tanto che l’esuberante deputato Francesco Boccia ha chiesto di ancorare proprio ai renziani il nuovo governo, magari con una personalità di spicco come Boschi tra le fila dei ministri. Una condizione, questa, che però non farebbe altro che allontanare i riluttanti alleati pentastellati, che proprio nel Giglio magico fissano la linea rossa invalicabile, per bocca di Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, due ministri ed esponenti di spicco tra gli ortodossi. Nella testa del segretario, però, più che i giochi interni continua d esserci il rebus sul voto: se scegliere di rimandarlo penealizzerà elettoralmente il Pd domani, oppure permetterà di far infrangere l’onda leghista nelle secche di un’opposizione logorante.Le strade aperte sono molte e nessuna è priva di insidie: in particolare, quella di un esecutivo istituzionale nasconde anche l’ipotesi di un ingresso di Forza Italia, in particolare la componente “ex popolare” capitanata da Mara Carfagna ( in questi mesi la più dura nei confronti del governo gialloverde e in particolare di Salvini). Proprio questa fronda forzista sarebbe funzionale ad una possibile nuova creatura di centro ( che piace anche a Matteo Renzi), che si ponga come ago della bilancia nell’altalena del governo.Insomma, il meno convinto dall’ipotesi di governo giallorosso rimane il segretario Zingaretti, che rimane fedele a se stesso e sceglie di rimanere a guardare, almeno ancora per qualche ora.