Il premio Nobel per la medicina del 2023 ha un significato immediato e attualissimo: solitamente l’ambito riconoscimento è assegnato a ricercatori molto anziani a diversi anni di distanza dalle loro scoperte, quasi a coronamento di una carriera accademica su temi che appassionano una nicchia di specialisti.

Lo scorso anno, ad esempio è stato premiato il biologo svedese Svaante Paabo per le sue ricerche sul genoma degli ominidi estinti, i due anni precedenti i sei vincitori si sono messi in luce per aver illuminato il meccanismo dei recettori della temperatura e del tatto e per l’isolamento del virus dell’epatite C ,avvenuto quest’ultimo addirittura nel 1989.

Al contrario quest’anno il Nobel parla una lingua familiare a tutti: i giurati del Karolinska Institutet di Stoccolma hanno infatti ricompensato l’ungherese Katalin Karikó e lo statunitense Drew Weissman, entrambi insegnanti all’università della Pennsylvania, per i lavori che hanno portato a realizzare, alla fine del 2020, i vaccini fondati sull’Rna messaggero (mRna), codificando la proteina superficiale Sars-cov 2.

È stata una vera e propria corsa contro il tempo dettata dall’urgenza, mentre l’intero pianeta era sferzato dalla pandemia di Covid-19 nello smarrimento generale della comunità politica e scientifica. Scontata la motivazione della giuria: «Hanno salvato milioni di vite umane, prevenendo malattie gravi in molte altre persone».

Ci sono poi voluti appena dieci mesi ai laboratori di Pfizer/BioNTech e Moderna per realizzare vaccini sicuri e protettivi con un’efficacia superiore al 95% e controindicazioni pressoché nulle: oltre 13 miliardi di dosi sono state ad oggi iniettate permettendo di salvare vite senza incorrere in eventi avversi, un risultato straordinario e misurabile con mano. Se le aziende che hanno sviluppato i vaccini hanno bruciato tutte le tappe sospinte dall’urgenza di arrestare la pandemia, Karikò e Weissman sono decenni che lavorano sull’Rna messaggero: «L’onore stavolta è toccato a Kati e a me, ma i nuovi vaccini nascono da oltre vent’anni di ricerche a cui hanno contribuito migliaia di altri medici e scienziati», ha detto con estrema modestia Weissman intervistato dal New York Times.

La biochimica Katalin Karikò è emigrata negli Stati Uniti nel 1985 lasciando l’Ungheria comunista ma con alle spalle già anni di studi sul Rna messaggero e la convinzione profonda che rappresentasse una risorsa straordinaria per combattere decine di malattie gravi, patologie genetiche, ma anche anemia e diabete. Per diverso tempo ha lavorato nell’ombra, di fatto senza finanziamenti perché in pochissimi credevano nelle sue intuizioni. Tutto cambia nel 1998, quando nei corridoi dell’università davanti a una macchina fotocopiatrice fa conoscenza con il biologo Drew Weissman, collega di Anthony Fauci all’Istituto nazionale di sanità.

Lui stava cercando senza successo un vaccino per fermare l’Aids e sapeva delle ricerche di Karikò sul Rna: da quel giorno non hanno mai più smesso di collaborare, anche quando Karikò è diventata nel 2013 vicepresidente di BioNTech (fino a ottobre 2022). La sfida era di livello: trovare un modo per evitare l’attacco immediato del sistema immunitario al Rna e scongiurare infiammazioni e malattie; bisognava “ingannarlo” mantenendo l’informazione genetica e per riuscirci hanno studiato tutte le modifiche delle strutture del Rna fino a trovare la soluzione.

È il 2005, ma le due principali riviste scientifiche, Nature e Science rifiutano di pubblicare l’articolo con le scoperte di Karikò e Weissman; lo farà invece Immunity, una rivista “minore”, suscitando però scarso entusiasmo nella comunità. Ci sono voluti altri dieci anni perché ci si accorgesse della profonda innovazione degli studi e degli esperimenti dei due scienziati; in particolare le aziende BioNTech e Moderna (che è l’arcronimo di modfiedRna) all’epoca due piccole start up, oggi dei colossi di Big Pharma, che acquistano il brevetto e investono milioni di dollari assumendo ricercatori e acquistando sofisticati macchinari senza però lanciare sul mercato alcun prodotto. Una scelta che si rivelerà giusta e lungimirante; per la salute planetaria certo, ma anche per il proprio portafoglio.

Tutto cambia all’inizio del 2020 quando dalla Cina viene isolato il genoma del Covid 19, un virus mai visto che si sta propagando in tutto il pianeta mandando nel panico le autorità. Con anni di investimenti per finanziare le ricerche sul Rna messaggero BioNTech e Moderna vincono la corsa globale per la fabbricazione del vaccino, venendo così ricoperti di gloria e di miliardi.

La competizione accademica invece l’hanno vinta i due ricercatori e amici che per anni si sono battuti nell’ombra senza mai scoraggiarsi.