Doveva essere un’onda impetuosa che avrebbe travolto il governo chavista di Nicolas Maduro e invece si è rivelato un catastrofico flop che lacera ancora di più il Venezuela.

Il tentato golpe del capo dell’opposizione Juan Guaidò si è infatti sgonfiato dopo poche ore, il virtuoso domino che Guaidò e i suoi sponsor interni e stranieri avevano in mente, e cioè la diserzione di massa nelle forze armate e una conseguente sollevazione popolare contro Maduro, non è avvenuto. I militari coinvolti nel colpo di mano sono poche centinaia, mentre nelle piazze continuano a confrontarsi i sostenitori dei due schieramenti in un paese diviso a metà che danza sul filo del colpo di mano e il conflitto civile.

Divisa anche la comunità internazionale con gli Stati Uniti e la Russia che si fronteggiano sullo scacchiere venezuelano con toni, metodi e strategie che ricordano la Guerra Fredda. Con il consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton che dice a muso duro al ministro degli Esteri russo Lavrov: «Il Sudamerica è nella nostra sfera d’influenza, voi non dovete interferire».

Ma, come spiega in modo impietoso Fernando Cutz, ex consigliere di Trump, i calcoli di Washington sono stati molto approssimativi e per l’ennesima volta è lo “zar” Putin a fare la parte del leone, anche nell’emisfero americano: «Sembra che i russi abbiamo capito in modo efficace come scoprire il nostro bluff».

In attesa che l’opposizione e i suoi padrini stranieri si riorganizzi, la sola certezza è che per il momento le forze armate rimangono fedeli al presidente Maduro, il quale smentisce qualsiasi illazione sul fatto che avrebbe pronto un aereo per Cuba, chiama a raccolta «il popolo e la classe operaia venezuelana» e rincara la dose contro l’opposizione mostrando i consueti muscoli: «Siamo pronti a combattere, l’esercito e la polizia sono mobilitati e i responsabili del fallito colpo di Stato pagheranno il loro debito con la giustizia».