Giuseppe Graviano e il suo compagno di socialità Umberto Adinolfi sapevano di essere intercettati. Dalle trascrizioni, infatti, dal momento che si accorsero di essere “spiati” ( parole loro), hanno cominciato a parlare alternandosi con sussurri all’orecchio e, soprattutto verso la fine del periodo dell’intercettazioni, si passavano dei biglietti che venivano letti voltando le spalle alla telecamera. Graviano scopre di essere intercettato esattamente i primi di febbraio del 2016. Mette in guardia Adinolfi spiegandogli che avevano messo le telecamere nel loro passeggio, che i lavori che stavano effettuando servivano a passare dei fili per il rifacimento di un impianto che sarebbe servito per ascoltare le loro conversazioni, così come stavano facendo in questo momento, poiché ' sono degli spioni”. Graviano inoltre precisa ad Adinolfi che, dal momento del suo arrivo, avevano allestito la struttura per ascoltare le loro conversazioni. Graviano continua affermando che avevano sostituito il vecchio sistema di video sorveglianza di telecamere privo dell’audio, con delle nuove, nelle quali invece vi era anche l’audio.

Il giorno dopo era lo stesso Adinolfi a rivolgersi a Graviano: “Giuse’ ma... stanno riprendendo tutte cose... ah! ”. Il dialogo era andato esattamente in questo modo: Graviano: “Cosa? ”, Adinolfi: “Stanno riprendendo tutte cose! ”, Graviano: “Tutto? ” Adinolfi: “Tutto! Si... incomprensibile... Giusè! ”

Graviano: “Niente Umbè... e.... ” Adinolfi: “Comunque... dobbiamo... ” Graviano: “... finire di parlare”, Adinolfi: “Si... in- comprensibile.. ”, Graviano: “... incomprensibile... eh... allora non mi hai capito quando io ti dicevo.... ”, Adinolfi: “Ci stanno rovinando, non possiamo parlare... ( alza la testa e guarda in alto in direzione della nuova telecamera) ” Graviano: “No? E., e... si ma a tutti ci fanno la proposta... incomprensibile... quando a loro gli conviene... sicuramente e c’è qualcosa... al quarto piano... ”, Adinolfi: “... incomprensibile... ”, Graviano: “E io... incomprensibile quando ti dicevo qualche cosa che non.... uh? ”, Adinolfi: “Perché... sì, sì, no ma... incomprensibile... vanno a mettere... incompresibile... ”, Graviano: “Sì, sì.... ”

Adinolfi: “... incomprensibile... ci vanno a mettere qualcosa”, Graviano: “No no”.

Da quel momento in poi Graviano, durante tutto il periodo delle intercettazioni, a più riprese professa la sua innocenza su tutte le imputazioni. Dice di non aver messo le bombe nel ‘ 93, non ha ucciso don Puglisi, dice di essere una persona innocente e che, sbattendolo dentro, lo hanno così ringraziato per aver fatto tanto bene al suo popolo. Ma non solo. Dice al suo compagno di socialità che Giuseppe Gullotti ( lo chiama “Pippo”) non è stato il mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano, il corrispondente de La Sicilia colpito da tre pallottole l’ 8 gennaio del 1993 mentre si trovava all’interno della sua Renault nei pressi di casa. Gli spiega che è innocente perché gliel’ha detto lui. Poi fa confusione, probabilmente racconta di vicende che nemmeno conosce. Durante un’intercettazione i due fanno riferimento al pentito Vincenzo Scarantino e alle dichiarazioni rese dallo stesso nel processo per la strage di via D’Amelio.

Adinolfi si domanda: '... questa persona in mano di chi stava? Chi ha preso le dichiarazioni di questa persona...? '

Graviano risponde e dice: '... Arnaldo La Barbera e la Bocassini... ”. Chi conosce la triste vicenda che portò al 41 bis degli innocenti accusati da Scarantino per aver messo le bombe che uccisero Paolo Borsellino, sa che la magistrata Ilda Boccassini ha certamente interrogato anche lei Scarantino, ma - a differenza degli altri suoi colleghi - concludendo subito non era da prenderlo in considerazione.

Poi c’è la storia del concepimento del figlio in cella, quella riportata da tutti i giornali. Su Il Dubbio è stato spiegato più volte, che la storia è inverosimile visto che per compiere un atto del genere dovevano essere complici i Gom ( i reparti speciali addetti alla vigilanza), gli addetti alla videosorveglianza con la telecamera puntata h24 in cella, perfino nel water. Inoltre anche il fratello, Filippo, ha concepito il figlio durante la sua detenzione. L’ipotesi più probabile è quella di aver fatto fuoriuscire la provetta, non quella di aver ospitato la moglie in cella. Ma Graviano non racconta solo quello. Se venisse preso sul serio su tutte le storie che ha raccontato, non si capisce perché non viene riportato il suo racconto circa la detenzione, nella stessa cella, con suo fratello. Addirittura, riferendosi al concepimento del figlio, racconta di averci provato quando era insieme a lui. Infatti Graviano racconta ad Adinolfi: “Ti ho raccontato… ti ho raccontato che eravamo insieme in Calabria… scusa che può essere anno? È una questione di mesi… quando è capitato l’occasione, la prima volta là, che poi mio fratello è stato molto educato, mi ha detto prima tu…” Racconta anche questo. Dovrebbe fare scandalo, perché – come lui stesso dice in un’altra intercettazione – è stato fin da subito al 41 bis. Il regime duro prevede un isolamento completo e nella cella bisogna stare soli. Probabile che anche questa storia che ha narrato non risulti veritiera. Parlano di tutto, lui e Adinolfi. Il più delle volte, Graviano racconta dei suoi ricorsi, delle sentenze della corte europea, confida in una sua liberazione. La sua speranza, che è quella di tutti i detenuti che riversano da anni nel regime duro, è quella di uscire. La sua detenzione la descrive come un inferno. Lo ha ribadito anche durante l’interrogatorio davanti i sostituti procuratori Vittorio Teresi, Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia. Si era avvalso la facoltà di non rispondere in merito ai suoi racconti intercettati, ma ha approfittato per denunciare delle vessazioni che lui avrebbe subito e le condizioni carcerarie che si trova costretto a vivere.

L’atto finale, come se fosse una scena teatrale, è quella del 29 marzo scorso ( il giorno dopo l’interrogazione) quando Adinolfi si rivolge a Graviano: ' comunque ieri è stata una giornata... diciamo, per quello che noi sconoscevamo... alla fine non si è rivelato un fatto negativo, secondo me. Perché noi sconoscevamo che eravamo intercettati. E quindi tutti quello che abbiamo detto... siccome questi hanno intercettato tutto quello che abbiamo detto, noi ricordandoci più o meno quello che ci possiamo ricordare... tutto quello che abbiamo detto... più importanti di quello che abbiamo detto, le cose quotidiane, cioè alla fine non è stato un fatto negativo... negativo perché ci hanno intercettato... è sempre un fastidio... ma noi non lo sapevamo. Però proprio perché non lo sapevamo, alla fine si ritrovano... la genuinità dei... la genuinità dei ragionamenti che abbiamo fatto... ”. Eppure, come già premesso e riportato dalle intercettazioni, loro sapevano benissimo di essere ascoltati.