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The Lancet, una delle più autorevoli riviste scientifiche del mondo, ha pubblicato qualche giorno fa uno studio condotto da Giuseppe Remuzzi, Direttore dell'Istituto Mario Negri, e Andrea Remuzzi, professore ordinario di Bioingegneria presso l'Università di Bergamo. Il titolo del paper: “Covid- 19 and Italy: what next?”. L'analisi è stata portata avanti considerando da un lato l’andamento del trend dei contagi e dall’altro il trend dei pazienti bisognosi di terapia intensiva, tramite i dati disponibili del Ministero della Salute. Questi sono stati comparati con l’andamento degli stessi valori nella provincia cinese dell’Hubei. Ne discutiamo proprio con il professor Andrea Remuzzi.
Sono passati undici giorni dalla pubblicazione dello studio: l’andamento è cambiato.
Per lo studio abbiamo analizzato dati che ci sono arrivati tra l’ 8 e l’ 11 marzo. Avevamo precisato che, nonostante fossero preliminari, avremmo potuto indicare gravità e urgenza della situazione. Premesso ciò, nei giorni che sono seguiti la curva che rappresenta la crescita degli infetti in Italia segue molto da vicino l’andamento relativo all’Hubei. I numeri che ci riguardano sono leggermente più alti rispetto alla curva perché qui abbiamo 60 milioni di abitanti contro i 50 milioni dell’Hubei e probabilmente per il fatto che lì le misure restrittive siano state imposte in maniera più stringente. Possiamo comunque affermare che siamo nella fase in cui la tendenza sta diminuendo. Quindi è tutto come previsto.
Il picco dunque è superato?
Quando si parla di picco c’è il rischio di confondersi tra due tipi di picco. Uno è il picco dei nuovi casi, il cui numero diminuisce di giorno in giorno.
Come è avvenuto nella giornata di domenica.
Sì, ma allo stesso tempo significa che di giorno in giorno comunque ci sono sempre nuovi casi, ossia che il numero di pazienti infetti sale. Il picco che dobbiamo considerare sarà quello del numero dei pazienti infetti, cioè quando vedremo effettivamente intorno a noi scendere il numero dei pazienti infetti. Nello studio abbiamo ipotizzato che questo picco può essere osservato nella metà di aprile e alla luce dei dati che abbiamo adesso la previsione è ancora valida.
Possiamo parlare quindi di picco relativo e picco assoluto?
Esatto, adesso si osserva un decremento dell’aumento. Ma comunque il numero di nuovi casi nei bollettini che sentiremo alle 18 crescerà. Arriveremo però ad un certo punto che il numero di pazienti infetti diminuirà.
Scrivete che se l'andamento della curva di previsione non cambia in fretta, i problemi clinici e sociali saranno ingestibili e con risultati catastrofici.
In alcune regioni siamo veramente arrivati alla saturazione, tanto è vero che bisogna spostare i pazienti da altre parti. Quello che abbiamo indicato nello studio era che la necessità di posti in terapia intensiva poteva arrivare fino a 4000 letti. Non era un risultato impossibile da ottenere, tanto è vero che con la destinazione di quasi tutti i posti disponibili in terapia intensiva per pazienti affetti da Covid- 19 e con la creazione di altri posti nuovi in alcune città tipo Bergamo e Milano e anche al di fuori la situazione si dovrebbe tenere sotto controllo. Il condizionale è d’obbligo perché siamo comunque in una fase al limite.
In conclusione dello studio scrivete però che gli specialisti in terapia intensiva stanno già prendendo in considerazione di fare una scelta nel fornire cure salvavita.
Se non si riesce ad arrivare alla disponibilità di questi posti, si dovranno applicare delle scelte. Attualmente la situazione sta progredendo come avevamo detto e se rimane nel limite di questi 4000 posti letto il sistema sanitario dovrebbe riuscire a far fronte all’emergenza. Noi ci auguriamo che, visto che la disponibilità delle strutture non è così lontana dal poter raggiungere il numero necessario di posti, non si debbano fare queste scelte drastiche.
Nello studio scrivete che le misure dell' 8 marzo sono state coraggiose ma non abbastanza. Le nuove adottate dal Governo sono arrivate troppe tardi?
Chiaramente serviranno. Se fossero arrivate prima forse sarebbero servite di più. Probabilmente abbiamo bisogno di continuare a tenere sotto controllo alcune situazioni cruciali, tipo il movimento delle persone sui mezzi di trasporto o la frequentazione dei negozi della grande distribuzione e degli alimentari. Andrebbero regolamentati o addirittura andrebbero gestiti caso per caso. Probabilmente l’adozione, se fosse possibile, di mezzi di protezione personali tutte le volte che si incontrano delle persone, come abbiamo visto nella città di Wuhan, soprattutto nelle nostre aree più esposte potrebbe servire.
Il virus si sta spostando al Sud?
Che l’infezione proceda verso il sud Italia è scontato, come è scontato che aumenterà il numero di quelli che avranno bisogno di essere ricoverati in terapia intensiva. Il punto è che se la gente sta ferma e il virus non si trasmette, questa velocità di aumento potrebbe essere contenuta. Se le persone come effettivamente sta accadendo vanno al sud, la velocità aumenta e con essa il numero di pazienti infetti. Più si conterranno i contatti sociali, più il numero dei contagiati non aumenterà in fretta. Ciò permetterà di far fronte al carico del sistema sanitario e anche di arrivare al picco con numeri più bassi. Questo è il messaggio importante da dare: dobbiamo evitare nelle zone più colpite l’ulteriore diffusione, e nelle zone che non sono state particolarmente affette limitare la diffusione del virus evitando il movimento delle persone.
Come si spiega il numero maggiore di morti in Italia rispetto alla Cina?
Probabilmente il numero maggiore dei morti in Italia è dovuto al fatto che il numero dei pazienti infetti sono molti di più di quelli che vengono rilevati mediante i test clinici. Questo è abbastanza comprensibile e probabilmente è la ragione più plausibile che spiega questa elevata incidenza della mortalità.
Ritiene quindi che sia necessario fare i tamponi anche a paucisintomatici?
Dal punto di vista teorico è chiaro che estendere la possibilità di tracciare i casi infetti sarebbe auspicabile. Il problema è che quando ci si pone questo obiettivo quanti tamponi bisognerebbe fare? Quanto lavoro ci sarebbe nei laboratori e quanto tempo si impiegherebbe? Al momento ciò non è praticabile. Tenete conto che il numero dei pazienti infetti che si trovano in Italia quando si effettuano i tamponi in maniera elevata va dall’ 1% al 5%, come nella provincia di Wuhan. Significa che bisogna fare 100 tamponi per trovare tre o quattro pazienti infetti. Immaginate che carico di lavoro ci sarebbe. Se si volesse estendere il tampone ad un numero maggiore di cittadini si arriverebbe ad un collo di bottiglia, cioè non si riuscirebbero ad offrire risultati in tempi utili.
Se non avessimo ancora un vaccino e una cura efficace, pur essendo terminata la pandemia, dovremmo pensare che il Covid- 19 potrebbe riattaccarci da un momento all’altro con le stesse modalità?
Ciò è difficile da stabilire. Ora bisogna concentrarsi nella riduzione dei pazienti infetti e quindi debellare l’infezione. Successivamente sorvegliare se non si formino altri focolai che potrebbero colpire le tante persone non immunizzate. C’è la possibilità che ci sia una ripresa del virus. Bisogna aumentare di sicuro le capacità dei medici e delle strutture sanitarie di tenere sotto controllo la situazione. Saremo perciò più preparati nel fare i tamponi, e in termini di cure e terapie e quindi sarà un problema clinico più gestibile.
Quanto sono attendibili le previsioni su cure e vaccini?
È difficile fare delle stime esatte al momento ma le premesse sono abbastanza buone.
Dal punto di epidemiologico che differenza c'è tra il Covid- 19 e la Sars e il virus A H1N1?
Sono situazioni cliniche diverse. Questa è sicuramente una epidemia legata ad una virulenza abbastanza forte e anche a delle condizioni cliniche molto gravi in alcuni pochi casi.
Vuole aggiungere qualcosa?
Bisogna far capire che la strada è ancora lunga, è sempre più necessario mantenere le misure di contenimento come viene indicato. E probabilmente in futuro anche di dotarsi di sistemi di protezione individuali ( mascherine e guanti) perché ciò ci permetterà di tenere ancora di più sotto controllo questo andamento.