Diventata premier con la Brexit, dalla Brexit rischia seriamente di essere schiacciata. «Theresa May umiliata», titolano i giornali britannici a una settimana dalla data di scadenza dell’uscita prevista di Londra dall’Unione europea. Data che però è ormai ufficiale che sarà spostata. L’” umiliazione” della May ha attraversato diverse tappe.

Per prima cosa consiste nel fatto di non essere riuscita a far passare il suo accordo al parlamento inglese, per ben due volte. E ora va verso un terzo voto che le è stato negato se nulla cambierà, e che invece si proverà a tenere per definire i rapporti con l’Unione europea. Perché anche Bruxelles a questo punto non ha esitato a chiudere la porta in faccia alla premier britannica. Ella infatti senza nulla voler cambiare ha quasi preteso un rinvio fino al 30 giugno dell’uscita dall’Unione, solo per provare a sbrogliare le proprie matasse ma senza dare nessuna certezza di riuscirci.

Ma a questo punto i governi europei non hanno voluto accettare supinamente le pretese di Londra, e hanno rifiutato questa proroga, finché ieri – divisi tra più severi (Francia, Belgio, Lussemburgo) e più accondiscendenti ( Polonia, Grecia, Lituania) – hanno optato per offrire alla May una doppia opzione per attivare la Brexit, ma molto più ravvicinata, quasi imminente. Cancellata dunque ufficialmente la data del 29 marzo, la decisione del Consiglio europeo prevede una scadenza limite al 22 maggio condizionata al voto positivo di Westminster sull'accordo di divorzio entro la prossima settimana.

E in caso di bocciatura, Londra dovrà invece indicare entro il 12 aprile ( data limite secondo la legge britannica) come intende comportarsi col voto delle Europee. Perché come è noto c’è anche il problema delle elezioni di fine maggio, cui la Gran Bretagna non dovrebbe partecipare ma per le quali si creerebbe una notevole confusione se a quella data Londra fosse ancora a pieno titolo membro dell’Unione. In realtà Bruxelles ha lasciato a Londra una porta più che aperta spalancata, ma con il pesante vincolo ( forse irrealistico viste le condizioni politiche britanniche a questo momento) di una data di scadenza a breve. Come ha spiegato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, «il governo del Regno Unito avrà ancora la possibilità di un accordo, di una Brexit senza intesa, di una lunga estensione, o di revocare l'uscita, fino al 12 aprile». Il tutto tenendo sempre presente che l’Europa non sembra intenzionata in alcun modo a fare ulteriori concessioni sul tema irlandese dopo l’accordo faticosamente raggiunto e le garanzie scritte ulteriormente fornite poche settimane fa. Lo stesso tema ( quello della frontiera irlandese) che è all’origine di buona parte della mancata approvazione dell’accordo da parte del parlamento britannico. La May intanto ha attaccato il Parlamento dicendo che non è stato capace di decidere, ha solo detto no a tutto ma non ha detto cosa vuole fare. La decisione dell’Unione europea «mostra la chiara scelta disponibile per i parlamentari» e «sottolinea l'importanza che i Comuni passino l'accordo la prossima settimana». Ma molti leader europei restano poco ottimisti sulla possibilità che l’inquilina di Downing Street riesca a ottenere finalmente da Westminster il via libera alla Brexit con accordo.

Intanto la soluzione trovata permette di evitare di tenere un Consiglio europeo urgente la settimana prossima nell'imminenza della data inizialmente fissata della Brexit, cosa che avrebbe sottoposto i leader Ue ad una «forte pressione». Sembra intanto crescere in Gran Bretagna la fronda di chi vorrebbe che la Brexit fosse del tutto annullata, ma per ora questo scenario non sembra essere preso in considerazione dal governo e neanche dal Parlamento.