Il primo ministro del “governo di salvezza nazionale”, Muhammad al- Bashir, ha assicurato che la Siria volterà presto pagina. Tra gli obiettivi dichiarati dall’esecutivo, che ha iniziato a muoversi tra le macerie lasciate da 54 anni di tirannia degli Assad, vi sono la stabilità e l’eliminazione delle ingiustizie. Solo un proclama? «L’autorità dello Stato – ha detto al- Bashir in una intervista al Corriere della Sera – deve essere ristabilita per permettere alla gente di tornare al lavoro e alla vita normale».

Nella normalità preconizzata dal capo del governo di transizione non potranno non essere presi in considerazione i diritti umani, dopo che sono state mostrate al mondo intero le immagini del carcere di Sednaya, definito come il “mattatoio umano”. Lì venivano rinchiusi e torturati gli oppositori politici. I numeri sono da brividi. Secondo alcune stime, a Sednaya sarebbero morti tra il 2011 e il 2018 circa 30 mila detenuti.

Durante il dominio degli Assad, Hafez prima e Bashar dopo, il lavoro degli avvocati, compresi quelli degli oppositori e dei dissidenti politici, è stato particolarmente complicato, come hanno denunciato più volte alcune organizzazioni. Nel frattempo il nuovo governo siriano ha annunciato per il tramite di Obaida Arnaout, portavoce per gli Affari politici della nuova autorità siriana, che «sospenderà la Costituzione e il Parlamento» durante il periodo di transizione di tre mesi.

«Verrà formato – ha aggiunto Arnaout - un comitato legale per i diritti umani per esaminare la Costituzione e quindi apportare modifiche. Tutti coloro che hanno commesso crimini contro il popolo siriano saranno giudicati secondo la legge». In due settimane sembra che il corso della storia in Siria sia cambiato per sempre. Un cambiamento che ai più è apparso improvviso, ma che invece è il risultato di violenze perpetrate per anni nel Paese mediorientale. Soprusi e crimini di ogni genere, consumati da tutte le parti che sono state coinvolte nella guerra.

Un anno fa l’Osservatorio siriano per i diritti umani ( Sohr) ha raccolto le testimonianze di numerosi avvocati che hanno parlato addirittura di genocidio ad opera delle forze militari turche presenti nel Nord- est del Paese. L’avvocato Shahin Lali ha denunciato, durante un convegno sui diritti umani organizzato nella città di Al- Qamishli, i crimini commessi dalle forze turche nella Siria settentrionale e orientale con l’utilizzo di «armi proibite a livello internazionale», con «attacchi diretti ai civili» che hanno preso di mira infrastrutture strategiche, come acquedotti, centrali elettriche e depositi alimentari.

Da sempre impegnata a far conoscere alla comunità internazionale i crimini commessi dal regime di Assad è la “Free Syrian Lawyers Association”. Questa organizzazione si è soffermata sulle condotte criminose dell’ormai ex regime di Bashar, senza però trascurare la “politica” di gestione da parte della Turchia dei flussi migratori di centinaia di migliaia di siriani, desiderosi di fuggire dalle zone di guerra.

«Le violazioni sistematiche e diffuse da parte delle parti in conflitto in Siria – ha sottolineato la FSLA -, principalmente il regime siriano e i suoi due alleati, Iran e Russia, che sono stati i responsabili della stragrande maggioranza delle violazioni, alcune delle quali costituiscono crimini contro l'umanità, hanno provocato lo spostamento forzato di circa 14 milioni di cittadini siriani, ora sfollati interni o rifugiati. È solo a causa dell’oppressione e della persecuzione inaccettabili, che si verificano dal 2011, che i siriani non hanno trovato altra scelta se non quella di fuggire da una realtà così straziante e ora sono considerati costretti a richiedere asilo».

La “Free Syrian Lawyers Association” ha preso in considerazione le questioni migratorie provocate dalla guerra: «Milioni di siriani hanno cercato asilo in Turchia. L’accordo sui rifugiati Ue-Turchia del 2016 ha fatto sì che centinaia di migliaia di rifugiati non potessero attraversare gli Stati dell’Unione europea, che avrebbero garantito loro maggiori diritti e protezione, tra cui la residenza permanente e il diritto alla cittadinanza. Alla luce di questa intesa, la Turchia ospita ora il numero più elevato di siriani per i quali riceve in cambio ingenti fondi dall’Ue».

L’avvocatura istituzionale siriana, la Syrian Bar Association, non si è mai espressa sulla violazione dei diritti umani e sui soprusi subiti da molti avvocati. Un atteggiamento volto sempre a compiacere il regime. Negli anni scorsi, prima che la Siria finisse nel dimenticatoio, numerosi avvocati sono stati arrestati per aver espresso opinioni contro Assad. Tra questi Fahd Musa al- Musa, prelevato mentre faceva visita ad un amico e condotto in una località sconosciuta. Analoga sorte per l’avvocato Abdullah Al- Khalil e suo figlio Mohammad. Le manette sono scattate pure per Dirar Ismail Najm.

Ahmad Al- Rashid è stato preso con la forza dal palazzo di Giustizia di Aleppo, picchiato e ferito davanti ai suoi colleghi e trascinato nel bagagliaio di un’auto da sconosciuti. Gli avvocati Abdul Salam Al- Atrush, Salam Othman e Husameddine Al- Asad sono stati rapiti per essersi espressi contro le compressioni inaccettabili del diritto di difesa. Prima di scomparire nel nulla, padre Paolo Dall’Oglio disse che «il cambiamento per la Siria sta arrivando». Ci sono voluti dieci anni. Ma sarà un cambiamento vero?