Prima di essere scarcerato nel 1990, dopo essere stato quasi trent’anni dietro le sbarre, Nelson Mandela venne omaggiato dalla band musicale dei Simple Minds con un brano entrato nella storia della musica: “Mandela Day”. La canzone, con la voce dolce e graffiante al tempo stesso di Jim Keer, fa parte dell’album “Street fighting years” inciso nel 1989. Una spinta a livello globale con il linguaggio universale della musica per ottenere la liberazione di “Madiba”. Il verso, tradotto in italiano, “Ora la libertà, la libertà si avvicina ogni giorno”, è stato l’auspicio maggiore per far rivedere la luce al leader che si è battuto per una vita intera contro la segregazione razziale.

A precedere la mobilitazione di grandi artisti un gruppo di avvocati coraggiosi, che fece della tutela dei diritti umani la propria missione professionale. Un contributo prezioso per la lotta all’apartheid in Sudafrica è stato fornito dal Legal Resources Centre con sedi nelle principali città, compresa quella nella sezione del carcere femminile di Johannesburg, a Constitution Hill.

Nel 1979, i più importanti avvocati sudafricani, Geoff Budlender, Arthur Chaskalson e Felicia Kentridge, nonostante il rischio di subire pesanti ritorsioni, decisero di fondare il Legal Resources Center, «il più grande centro legale di interesse pubblico del Sudafrica». Ad animare l’organizzazione due elementi: avvalersi della legge per opporsi al soffocante sistema dell'apartheid (“tirannia razzista”, come venne definita in un documento della Nazioni Unite a firma di Enuga Reddy) e fornire alle giovani generazioni di avvocati gli strumenti per affrontare i casi di discriminazione.

Il LRC ottenne nel giro di poco tempo numerosi riconoscimenti per aver fatto della legge l’unico strumento in grado di sfidare le ingiustizie della segregazione razziale e per aver assistito la popolazione sudafricana di colore. Un contributo rivelatosi prezioso per smantellare le strutture legali sulle quali si basava l’apartheid.

In oltre quarant’anni di attività, il centro è stato un punto di riferimento per l’avvocatura sudafricana. Con la transizione democratica del 1994, il LRC si è impegnato pure a incoraggiare i diritti indicati dalla nuova Costituzione sudafricana. Un lavoro volto a sensibilizzare la società civile sulle aberrazioni delle discriminazioni razziali e, a livello individuale, nel fornire assistenza legale gratuita alle persone vulnerabili ed emarginate. Senza trascurare la promozione dell’uguaglianza di genere, la giustizia ambientale e l’accesso all’assistenza sanitaria, soprattutto per le persone contagiate da Hiv. Ultimo ma non ultimo il contribuito che consentito di abolire la pena di morte.

Nel 2017 l’Università di Johannesburg ha assegnato al Legal Resources Center la medaglia d'oro per l’esempio di attaccamento ai valori della democrazia. Più in particolare per la partecipazione ai lavori della “Commissione per la verità e la riconciliazione”. Il LRC ha rappresentato molte famiglie di vittime dell'apartheid e si è opposto con successo alla richiesta di amnistia avanzata dai responsabili della morte in carcere dell’attivista Steve Biko e dei “Cradock Four”, quattro giovani rapiti e uccisi dalla polizia per essersi battuti contro le discriminazioni razziali. Inoltre, il Legal Resources Center si è opposto con successo alla concessione dell’amnistia in favore di Eugene de Kock, uno dei più sanguinari torturatori di cittadini neri, soprannominato “Prime evil”. Due anni fa, il 28 ottobre 2021, il fondatore del Legal Resources Centre, Geoff Budlender, ha ricevuto il Pro Bono Award dall’IBA (International Bar Association) per aver onorato la toga in quasi cinquant’anni di professione e per aver contribuito all’abbattimento dell’apartheid.

In quella occasione il presidente dell’IBA, Sternford Moyo, ha sottolineato l’impegno della comunità legale sudafricana. «L’avvocato Geoff Budlender – ha commentato Moyo - testimonia la forza della professione forense nell'attuazione di un cambiamento positivo nella società. L'IBA è onorata di conferirgli questo premio per la sua incrollabile dedizione al lavoro, per l’instancabile devozione nel migliorare la vita dei suoi connazionali attraverso la legge. È un brillante esempio per tutti noi». La copresidente del comitato Pro Bono Award dell'IBA, Odette Geldenhuys, si è soffermata su alcuni casi affrontati da Budlender, che «continua a intraprendere attività di grande spessore, come i progetti finalizzati a scoraggiare l'esportazione di armi dal Sudafrica all'Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti».

In una intervista al sito Justice, Budlender ha ricordato gli esordi con la toga sulle spalle nel Sudafrica della segregazione razziale: «Durante l'apartheid mi consideravo un avvocato per i diritti umani perché difendevo le singole persone contro lo Stato. Questa è la concezione tradizionale di cosa significhi essere un avvocato per i diritti umani. Oggi cerco di utilizzare i diritti costituzionali per trasformare la società in un luogo molto più accogliente. I motivi sono svariati. Ogni governo degno di questo nome deve sentirsi responsabile nei confronti dei cittadini e consentire a tutti di veder riconosciuti i diritti sociali ed economici. Trasformare la società e il modo in cui le persone vivono è un lavoro duro. Si tratta di riconoscere piena dignità a ogni individuo».

Un altro avvocato ha fatto la storia del Sudafrica: George Bizos, morto nel settembre 2020 all’età di 92 anni. Bizos è stato un convinto attivista anti-apartheid ed è stato il difensore di Nelson Mandela. Giunto in Sudafrica all’età di tredici anni, in fuga dall’occupazione nazista della Grecia, il futuro avvocato di “Madiba” ha svolto un ruolo chiave per demolire il sistema razzista che per decenni ha umiliato la maggioranza nera del Sudafrica. Mandela e Bizos si conobbero quando erano entrambi studenti di giurisprudenza.

Da tutti descritto come una persona pacata e al tempo stesso determinata, l’avvocato greco-sudafricano difese Mandela già nel primo processo del 1964. Un’esperienza che legò i due per sempre. Bizos convinse Mandela ad aggiungere l’espressione “se necessario” in un memorabile discorso in cui il leader sudafricano disse che era pronto a morire per i suoi ideali. La Fondazione Nelson Mandela ha definito Bizos «un gigante della storia sudafricana e delle lotte globali per la giustizia». Quando “Madiba” venne incarcerato, Bizos fu sempre vicino alla famiglia Mandela e fu l’uomo più importante nei negoziati che portarono alla liberazione del futuro presidente sudafricano nel 1990. Un’amicizia tra due avvocati, con ideali condivisi, che è entrata nella Storia e che ha cambiato il corso degli eventi in Sudafrica.