C’è del criterio, nelle scelte compiute dal governo in materia di giustizia. E se c’è, è anche in virtù dell’ascolto prestato dal guardasigilli Alfonso Bonafede alle richieste degli avvocati. Nel maxi decreto “Cura Italia” viene infatti previsto il rinvio delle udienze non urgenti a dopo il 15 aprile e sospeso fino a quella data il decorso di «tutti i termini procedurali». Un’espressione netta, che sembra accogliere in modo efficace la richiesta essenziale avanzata negli ultimi giorni da istituzioni e rappresentanze forensi: evitare che gli avvocati si trovassero comunque costretti a produrre affannosamente atti nonostante la situazione di gravissimo disagio in cui, come tutti, sono immersi.

Accolte le richieste di Cnf e rappresentanze forensi

Nel Dl varato oggi a Palazzo Chigi, al secondo comma dell’articolo 80, c’è sul punto un passaggio dettagliato, scrupoloso, per certi aspetti persino iterativo, ma opportunamente chiaro, in modo da evitare che i professionisti del Foro si trovino in piena, tragica emergenza coronavirus a sfidare persino il destino. Lo aveva chiesto il Consiglio nazionale forense (che con l’intesa fra Bonafede e Mascherin aveva definito un paradigma di concrete cautele da adottare nei Tribunali) così come l’Ocf, l’Unione nazionale Camere Civili e l’Unione Camere penali - da cui peraltro era venuta l’idea di assimilare lo stop di questi giorni a quello del periodo feriale agostano. Viene ascoltato, da via Arenula e da Palazzo Chigi, dove ieri mattina il decreto è stato varato, anche il grido di dolore di tanti Ordini e Unioni regionali forensi, in particolare di quelli del Nord Italia, dove la minaccia del contagio negli uffici, per avvocati e magistrati, è semplicemente micidiale.

La “fase 2” prolungata fino al 30 giugno

Che il decreto sia definitivo nello sciogliere i nodi lo si coglie anche nella doppia estensione dello stop: se il periodo “simil feriale” si allunga fino al 15 aprile (avrebbe dovuto concludersi il 22 marzo, secondo il Dl 11/2020), la “fase 2”, in cui comunque si proseguirà con tutte le possibili cautele anti contagio, arriverà al 30 giugno e non più solo al 31 maggio.

Recepite anche le obiezioni dell’Unione amministrativisti

Ancora, viene recepita la logica delle osservazioni avanzate dagli avvocati amministrativisti, per esempio dall’Unaa, che si era prima confrontata con il presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi e aveva poi inviato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, da cui la giustizia amministrativa dipende direttamente, per suggerire, quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto in parte nel periodo di sospensione, lo «slittamento delle udienze da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto». In realtà proprio in campo amministrativistico la soluzione adottata è un po’ più complessa. Non si determina l’automatismo di un rinvio a nuova data dell’udienza per la quale il difensore avrebbe dovuto produrre atti durante la sospensione: basterà però una sua istanza per ottenere, in modo certo, la «rimessione in termini» e lo slittamento. È poi interessante la possibilità prevista per le udienze che si svolgeranno davanti ai Tar o al Consiglio di Stato dopo il 16 aprile e fino al 30 giugno: nessuna discussione, per evitare presenze fisiche, ma facoltà di depositare, due giorni liberi prima delle udienze, brevi note difensive.

Dal 16 aprile in poi si decide “sentiti i Coa”

A proposito della “fase 2” 16 aprile-30 giugno, va segnalata la conferma dello spettro modulare di cautele che i capi degli uffici potranno assumere, e soprattutto la previsione, già inserita nel decreto 11 dell’8 marzo, che si debba sentire l’Ordine forense del territorio, oltre che l’Autorità sanitaria regionale (per il tramite dei governatori). Tra le possibili soluzioni colpisce il secco rinvio delle udienze fissate anche in tale periodo ad epoche successive al 30 giugno. Sarà forse inevitabile, per sfoltire l’intensità del calendario e ridurre così gli «assembramenti» anche al di fuori delle aule. Viene dunque tradotta in dato normativo la logica delle già ricordate linee guida ministero-Cnf.

Resta la videoconferenza per i detenuti

Ribaditi diversi punti introdotti col decreto sulla zona rossa di inizio marzo e richiamati poi dal Dl 11/2020 della settimana successiva: dal ricorso ai collegamenti in videoconferenza per la partecipazione dei detenuti «a qualsiasi udienza» alla scrupolosa selezione di quegli affari civili e penali definiti urgenti e che si continuerà a trattare anche in questi giorni, dunque per l’intero periodo che si concluderà il 15 aprile. Con affinamenti significativi.

I limiti per le cause su tutela e affidamento

Nel civile, oltre alle cause con minorenni, ai procedimenti di diritto familiare relativi agli alimenti, alle espulsioni di migranti irregolari e ai fascicoli ritenuti comunque indifferibili, va segnalata l’attenzione per i casi relativi a tutela, amministrazione di sostegno o interdizione: si tratta di settori in cui «l’esame diretto della persona» è irrinunciabile, ma che proprio per questo, in Tribunali come quello di Milano, sono divenuti carburante per il contagio. Così li si continuerà a discutere anche durante la sospensione solo se sarà impossibile rimediare con «provvedimenti provvisori», e sempre che la presenza della persona da esaminare «non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute».

Udienze con detenuti solo se richieste dal difensore

Assennata anche, nel penale, l’idea di accludere le udienze con detenuti - o in cui «è pendente la richiesta di misure detentive» - fra le indifferibili solo se gli interessati o i loro difensori «espressamente lo richiedono». Come previsto è stato dato via libera a eseguire esclusivamente per via telematica le notificazioni e le comunicazioni in ambito penale, e sarà assicurato un contributo di 600 euro, per un massimo di 3 mesi, ai magistrati onorari. Stavolta l’intervento sui tribunali è così netto da apparire davvero definitivo.