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Giù le parrucche, i penalisti inglesi scendono in piazza per chiedere compensi più alti e denunciare la "svendita" della professione forense. Dopo aver sospeso le attività a fasi alterne per settimane, ora il sindacato dei penalisti, il Criminal Bar Association, annuncia lo sciopero a oltranza - votato dall'80 per cento degli associati - e minaccia di bloccare le attività giudiziarie fino al raggiungimento di un accordo. Gli avvocati incroceranno le braccia a partire dal 5 settembre, giorno in cui sarà annunciato il successore del primo ministro inglese Boris Johnson. «È una decisione a cui siamo giunti dopo anni e anni di abietta negligenza del sistema di giustizia penale, dello sfruttamento cinico del nostro tempo, del nostro sforzo e buona volontà, da parte dei diversi governi se si sono succeduti, tutti determinati a consegnare la giustizia a buon mercato», ha fatto sapere ieri il sindacato dopo le proteste a Londra e Liverpool, toga indosso e parrucca sul capo. Da parte sua il governo ha definito la protesta «del tutto ingiustificata». Perché «questa è una decisione irresponsabile che vedrà solo più vittime affrontare ulteriori ritardi e angoscia», ha spiegato il ministro della Giustizia Sarah Dines. Ma le cifre parlano chiaro: i compensi degli avvocati sono crollati, scendendo del 28% dal 2006, e il reddito medio dei giovani legali si ferma sulla soglia delle 12.200 sterline nei primi tre anni, costringendo molti di essi ad abbandonare la toga. Per questo i penalisti chiedono un aumento del 25% sul compenso, quando è lo Stato a coprire i costi di assistenza legale per coloro che non possono permetterselo. E rifiutano la variazione del 15% avanzata dal governo perché la misura non entrerebbe in vigore prima di un anno. Il tutto mentre la giustizia rischia il collasso, con i tribunali già ingolfati da un arretrato di circa 58mila casi.