PHOTO
A Palestinian man carries a wounded child after an Israeli strike on a residential building in Gaza City, Friday, June 27, 2025. (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Un fragile spiraglio diplomatico si apre oggi a Doha, dove una delegazione israeliana è attesa per nuovi colloqui indiretti con Hamas, mediati dal Qatar, con l’obiettivo di raggiungere un cessate il fuoco e ottenere la liberazione degli ostaggi ancora detenuti a Gaza. L’annuncio è arrivato dall’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che però ha subito smorzato gli entusiasmi, definendo «inaccettabili» le ultime modifiche chieste da Hamas alla proposta americana attualmente sul tavolo.
Secondo alcune fonti Hamas ha avanzato tre richieste chiave: l’impegno a portare avanti i negoziati per una tregua permanente fino al raggiungimento di un accordo complessivo; la ripresa piena e regolare degli aiuti umanitari attraverso canali supportati dalle Nazioni Unite; e il ritiro delle Forze di difesa israeliane (Idf) alle posizioni che occupavano prima della ripresa delle ostilità a marzo. Per Israele, si tratta di condizioni che esulano dai termini già negoziati e che, almeno per ora, non possono essere accettate.
Nonostante ciò, la delegazione israeliana sarà in Qatar per cercare una mediazione che possa evitare un ulteriore aggravamento della crisi. La proposta statunitense, elaborata dall’inviato Steve Witkoff, prevede il rilascio graduale di circa la metà degli ostaggi ancora vivi e di una parte dei corpi degli ostaggi uccisi, suddivisi in cinque fasi distribuite su un periodo di 60 giorni.
Mentre le trattative procedono con difficoltà, sul campo la situazione si aggrava. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa palestinese Wafa, almeno 17 palestinesi, tra cui diversi bambini, sono stati uccisi all’alba di oggi in una nuova ondata di raid israeliani su Gaza. L’attacco più grave ha colpito il quartiere di Sheikh Radwan, a nord di Gaza City, dove un’abitazione che ospitava sfollati è stata centrata da un bombardamento aereo, causando almeno una dozzina di morti e numerosi feriti.
Fonti ospedaliere riportano inoltre che altre 64 persone sono state uccise nella giornata di ieri in tutta la Striscia. I raid israeliani hanno colpito varie zone, tra cui Khan Younis, Nuseirat e Rafah, dove almeno otto persone sono morte nei pressi di un centro di distribuzione di aiuti della Gaza Humanitarian Foundation (GHF). Tra le vittime a Khan Younis anche un medico palestinese e i suoi tre figli, rimasti uccisi in un attacco che ha colpito un’area di tende per sfollati nella zona di Muwasi, lungo la costa mediterranea.
Parallelamente all’offensiva militare, peggiora di giorno in giorno la situazione umanitaria a Gaza. Il blocco quasi totale degli aiuti imposto da Israele ha portato all’esaurimento delle scorte di latte artificiale per neonati in molti ospedali. A lanciare l’allarme è il dottor Ahmad al-Farra, primario di pediatria presso l’ospedale Nasser di Khan Younis: «Abbiamo scorte per una sola settimana. Il latte per neonati prematuri è già finito e siamo costretti a razionare quello normale tra i neonati ricoverati. Ma ci sono anche bambini fuori dall’ospedale che non ricevono nulla. È catastrofico».
Secondo al-Farra, il problema è aggravato dal fatto che molte madri sono morte nei bombardamenti o sono così malnutrite da non poter allattare al seno. Il latte artificiale, introvabile nei canali ufficiali, viene venduto sul mercato nero a prezzi esorbitanti, fino a 50 dollari per una singola lattina, dieci volte il prezzo normale.
Mentre Gaza è stretta tra bombardamenti e negoziati, in Cisgiordania si apre un nuovo fronte di discussione politica. Cinque influenti sceicchi di Hebron hanno inviato una lettera al ministro dell’Economia israeliano Nir Barkat, dichiarandosi favorevoli alla normalizzazione con Israele secondo gli Accordi di Abramo, promossi dal presidente statunitense Donald Trump, e respingendo la soluzione a due Stati.
Nella proposta, definita «equa e dignitosa», si ipotizza la creazione di un "Emirato di Hebron" che riconosca Israele come Stato nazionale del popolo ebraico, ottenendo in cambio il riconoscimento come rappresentante degli arabi della zona. Secondo Barkat, che da febbraio ha ospitato lo sceicco Wadeè al-Jaabari e altri leader tribali nella sua casa di Gerusalemme, si tratta della conferma del fallimento del paradigma dei due Stati: «L’Autorità Palestinese non ha più legittimità, né tra il suo popolo né in Israele».
Jaabari, considerato il principale promotore dell’iniziativa, ha dichiarato al Wall Street Journal: «Non ci sarà nessuno Stato palestinese, nemmeno tra mille anni. Dopo il 7 ottobre, Israele non lo concederà più». Altri sceicchi, pur sostenendo l’iniziativa, hanno preferito mantenere l’anonimato per timore di ritorsioni.