Il regime autoritario del presidente turco Erdogan è inciampato una nuova violazione dei principi costituzionali e dello stato di diritto colpendo un esponente dell'opposizione parlamentare. Questa volta è toccato al deputato del Partito dei Lavoratori della Turchia (TIP), Can Atalay. Il parlamento infatti con una mossa senza precedenti, ha deciso di privarlo del suo mandato. Eletto l'anno scorso, in realtà Can Atalay non è mai riuscito a sedere al suo seggio dell'assemblea nazionale. Fu arrestato infatti nell'aprile 2022 nell'ambito del processo a carico di presunti leader del movimento antigovernativo che rese il nome di Gezi park, il luogo dove si riunivano i manifestanti che furono duramente repressi con centinaia di arresti, morti e feriti.

Atalay è stato condannato a 18 anni di reclusione ma rimane in carcere nonostante la sua elezione lo scorso anno e malgrado ben due sentenze della Corte costituzionale a suo favore. L'opposizione ha denunciato la gravità della situazione e la seduta parlamentare è stata segnata da una forte protesta con i deputati anti Erdogan che hanno strappato in pubblico copie della Carta costituzionale.

La pesante violazione del diritto si inserisce all'interno di uno scontro senza precedenti del sistema giudiziario turco. In due occasioni la Corte costituzionale ha chiesto dunque il rilascio immediato di Atalay ma la Terza Sezione della Corte di Cassazione, nel giugno dello scorso anno, ha rifiutato di ottemperare alla sentenza.

Lo scontro ha messo a nudo i conflitti all'interno della magistratura turca e soprattutto la sua mancanza di indipendenza. Le sentenze della Corte costituzionale infatti dovrebbero essere definitive e vincolanti per tutte le istituzioni, ma la Cassazione è andata oltre, disattendendo le sue prerogative in quanto ha ritenuto che i giudici avessero ecceduto le loro funzioni, presentando un reclamo contro gli stessi che hanno emesso la sentenza.

Un atto mai visto prima che ha sconvolto la classe politica e la società civile turca. Özgür Özel, alla guida del principale partito di opposizione, il CHP, ha denunciato un «tentativo di insurrezione contro l'ordine costituzionale». Ömer Faruk Gergerlioğlu, deputato del partito filo-curdo HEDEP, ha invece espresso la stessa indignazione: «Infatti, con questa decisione della Terza Sezione della Corte di Cassazione, la Corte Costituzionale è stata chiusa. E' chiaro che d'ora in poi nessuno potrà più pretendere l'esistenza di una Corte»

L'avvenimento sembra avvalorare il tentativo messo in atto da tempo dal partito del presidente Erdogan, l'AKP, che sta definendo una riforma per mettere in ginocchio la massima istituzione garante della costituzione, che evidentemente viene considerata come troppo resistente ai voleri delle autorità. Inoltre c'è anche chi vuole andare oltre come l'alleato ultranazionalista, l'MHP, che ne chiede senza mezzi termini l'abolizione definitiva..

Si tratta dell'attacco conclusivo all'ordinamento giudiziario e al sistema di garanzia e indipendenza. Oltre i giudici infatti nel mirino sono finiti da tempo gli avvocati. Basta ricordare la morte in carcere il 27 agosto del 2020 di Ebru Timtik. La legale, sostenitrice dei diritti umani in Turchia, arrestata nel 2018 con altri 16 colleghi, tutti accusati di terrorismo. Aveva messo in atto lo sciopero della fame, come protesta nei confronti di un processo irregolare La persecuzione degli avvocati si è aggravata dopo la svolta autoritaria del 2016. ed è stata ampiamente documentata. In questo senso i dati parlano chiaro, secondo le stime infatti sarebbero più di 1500 i legali perseguiti penalmente negli ultimi quattro anni; 605 tra questi sono finiti in carcere. I condannati sono stati 345, per un totale di 2158 anni di carcere.