Gli americani adorano le scommesse, soprattutto in politica, e quelle nella corsa alle primarie democratiche per diventare il candidato governatore dello stato di New York sono tutte contro Cynthia Nixon. In gergo, è lei la “underdog”: i sondaggi certificano che abbia 36 punti di distacco dal suo avversario Andrew Cuomo.

“Underdog” è un termine intraducibile: ha origine nelle lotte tra cani, e l’underdog è il cane perdente, quello che alla fine dello scontro finisce sotto - under - il cane vincitore, il “top dog”. In politica, underdog è il candidato che ha possibilità di vincere vicine allo zero.

Nelle primarie democratiche del prossimo 13 settembre, dunque, la vittoria sembra quasi scontata. Eppure, i giornali americani non fanno altro che chiedersi se, forse, non la stiano sottovalutando. O, quantomeno, se non stiano sottovalutando il fatto che gli elettori, guardandola, vedono una certa Miranda Hobbes. Alias, uno dei personaggi più amati di una delle serie tv più amate degli anni Novanta.

Quando non esistevano ancora Instagram e le fashion bloggers, Sex and the City - in cui la City è quella per antonomasia: New York - insegnò alle donne di tutto il mondo occidentale a desiderare un paio di Jimmy Choo e a distinguerle agevolmente da un paio di Louboutin ( indizio: l’inconfondibile suola rossa). Ma soprattutto, in una tv ancora povera di immaginario femminile, insegnò al pubblico che le donne parlano di sesso, stringono amicizie forti quanto quelle degli uomini e che i trent’anni non sono la fine.

Tra i quattro personaggi della serie, quello di Cynthia Nixon è il più “femminista”: fa l’avvocato ed è la più cinica nella sue relazioni sentimentali, per questo si dimena tra le difficoltà di bilanciare carriera, maternità e il fatto di essere single. È la classica donna forte che è la voce della ragione del gruppo e non accetta di venire sottovalutata dagli uomini.

Peccato che, quando la ex Miranda è scesa in campo, lo stato di New York già aveva il suo candidato democratico prescelto: Andrew Mark Cuomo, governatore uscente e discendente del leggendario Mario Cuomo, governatore a sua volta per tre mandati. Bianco, avvocato, ex procuratore generale di New York e benedetto dalla stirpe democratica per antonomasia, per ragioni di matrimonio: il cognome da nubile di sua moglie Kerry è Kennedy ed è la settima figlia di Bob. Comprensibile, dunque, che la candidatura di Cynthia sia stata accolta tra i democratici con un misto di scetticismo e fastidio.

Quasi da subito, la domanda è stata: quanto c’è di Miranda in Cynthia e quanto l’immagine patinata di Sex and the City può giovare ad una candidata democratica. Secondo il New York Post, “I newyorkesi sperano che Cynthia Nixon sia esattamente come Miranda, perchè il suo essere “badass” è esattamente il simbolo giusto al momento giusto, specialmente per le giovani donne”.

Secondo il New York Times, invece, una Miranda come governatore sarebbe una pessima idea: “Sex and the City ha contribuito a solidificare l’immagine di una città elitaria, un paradiso fantastico per i consumatori dove non è mai troppo tardi o troppo presto per comprare un paio di scarpe da 800 dollari”.

I giornali più frivoli - o forse quelli i cui giornalisti hanno davvero capito l’impatto culturale di Sex and the City - hanno opposto a una lettura sociologica forse l’unica vera critica: la verità è che nessuno che fosse appassionato voleva essere Miranda. “Quando a una ragazza dicono “sei una Miranda”, quello che lei sente è: “sei fastidiosa, pessimista, troppo ossessionata dal lavoro. Sei una guastafeste, sei troppo cinica”. In una sintesi su Vogue scritta in tempi non sospetti, “Miranda è un modello alla Hillary Clinton”, e paragone più nefasto per una aspirante candidata non potrebbe essere fatto. Eppure, oggi Miranda è considerata dagli spettatori del 2018 - e ce ne sono ancora molti, ringraziando Netflix per il revival di serie tv anni Novanta - il miglior personaggio di Sex and the City.

Al netto dell’immedesimazione, rimane il fatto che la bionda Cynthia Nixon non è la rossa Miranda Hobbes. Cinquantenne nata e cresciuta a New York, da vent’anni è attivista per il diritto all’edu- cazione pubblica, per la salute delle donne e per i diritti LGBT. Ha avuto due figli dal primo compagno, ma nel 2004 ha dichiarato di avere una relazione con l’attivista Christine Marinoni, che ha sposato nel 2012 e da cui ha avuto un altro figlio. Politicamente, ha sostenuto la campagna a sindaco di New York di Bill De Blasio, convincendo moltissime star a dare il loro endorsement.

Il punto forte del suo programma è la piattaforma sociale: educazione, servizi pubblici, sanità. A colpire ( e a mettere in difficoltà lo stesso Cuomo) è stato però soprattutto il suo piano per l’istruzione pubblica da 7,4 miliardi di dollari, che comprende maggiori sussidi per i minori e nuovi programmi per pagare i costi dell’istruzione universitaria. Un attacco deciso allo status quo, in cui il censo screma più del merito, e un attacco alle politiche di Cuomo. “Bambini ricchi e bianchi sono preparati per il college, i bambini di colore con famiglie dai redditi bassi sono infilati in modo sproporzionato nel tunnel scuola- prigione”, è stata la sua sintesi. Ma soprattutto: “Se devo dire perchè corro per la poltrona di governatore: è per risolvere il problema dell’educazione”. In questo modo, ha costretto Cuomo a inseguirla sul suo stesso terreno: difendendosi, modificando il suo programma, tornando a parlare di scuola e non solo di economia.

Chi la conosce, la descrive come una che impara in fretta: ottima comunicatrice, capace di gestire i media e forte soprattutto sui social network, ma soprattutto capace di “cambiare la narrativa”: in un dibattito pubblico in cui parlava appassionatamente della necessità di alzare le tasse ai ricchi, rispose a chi le chiedeva dall’alto di cosa esprimesse giudizi economici: “Perchè posso parlarne con cognizione di causa? Francamente, perchè sono una privilegiata”. Quando Christine Quinn, sostenitrice di Cuomo e speaker del City Council la definì “una lesbica non qualificata”, Cynthia stampò la fase sulle sue magliette ufficiali, che andarono a ruba.

La sua campagna, cui lavorano molti attivisti ma solo un paio di dozzine di professionisti pagati e di cui la maggioranza sono donne, sta dando risultati insperati viste le condizioni di partenza, tanto che i media hanno iniziato a parlare di “Cynthia effect”: “l’effetto Cynthia”, che ha fatto spostare a sinistra un governatore come Cuomo su temi come la legalizzazione della marijuana. Soprattutto in materia economica, il suo programma è stato massacrato dai media. Cynthia vuole “garantire il diritto di sciopero ai dipendenti pubblici, alzare a 15 dollari l’ora il salario minimo e favorire le pensioni pubblico”: obiettivi irrealizzabili nella libera America, ma potrebbero spostare su di lei i voti dei sindacati che hanno mostrato scetticismo per la strategia di Cuomo, che punta a investire soprattutto nella grande industria e che nello scorso mandato ha dovuto gestire il “Buffalo Billion corruption scandal”, in cui un suo stretto collaboratore è stato arrestato per aver intascato tangenti da parte di lobbisti.

Con le prime file del partito democratico tutte schierate per Cuomo, gli endorsement più pesanti per Nixon sono arrivati da Hollywood: dietro di lei si sono messe in fila decine di volti noti dello star system - forse questo è l’unico beneficio vero, oltre alla riconoscibilità, che le ha portato il suo passato da icona degli anni Novanta: Susan Sarandon è una sua sostenitrice, Lena Dunham ha donato cifre a quattro zeri e twitta ininterrottamente per lei e lo stesso anche i suoi colleghi di Sex and the City Sarah Jessica Parker ( Carrie), Kristin Davis ( charlotte) e Chirstopher Noth ( Mr. Big).

Nixon, che come ogni attrice conosce il fascino esercitato dalla drammatizzazione, non si è fatta mancare la polemica: la quarta “amica” di set, Kim Cattrall, ha rilasciato solo un freddo tweet di complimenti per la candidatura per la ex collega. Nixon non le ha nemmeno risposto, lasciando per settimane gli amanti del gossip a speculare di come avesse preso le parti di Sarah Jessica Parker, che nemmeno sul set della serie sopportava Cattrall.

I sondaggi sono chiari: Cynthia è l’underdog e le statistiche dicono che la sconfitta è certa. Il bello delle scommesse, però, sta proprio nell’incertezza fino alla fine, anche quando Golia è avanti di 36 punti.

Eppure, c’è chi dice che lei abbia vinto comunque. Il suo motto è “it’s time for a change/ è tempo di cambiare” e la sua sola partecipazione ha fatto sì che le primarie democratiche siano state le più a sinistra degli ultimi anni. Non solo, ha aperto la strada a molte altre giovani donne - una tra tutte la ventottenne Alexandria Ocasio- Cortez ( che Nixon ha appoggiato per prima, fino alla sua vittoria alle primarie per il distretto di New York al congresso del 2018) - dando vita a una nuova generazione di candidate democratiche: emancipate, progressiste, meno legate al passato rispetto ai colleghi uomini e pronte a dare battaglia per i posti che contano, puntando a diventare “top dog”.