Un caso sta scuotendo i Paesi Bassi governati da una coalizione di destra, dal Partito per la Libertà (PVV), formazione di Geert Wilders, il partito liberale, i centristi del Nuovo Contratto Sociale e il partito agrario Movimento Contadini- Cittadini. Uno schieramento dai tratti xenofobi che sta facendo della questione migratoria uno dei cavalli di battaglia così come già in campagna elettorale.

La vicenda riguarda Mikael Matosyan, un bambino armeno di 11 anni, che dovrebbe essere rimpatriato, insieme alla madre, prima della fine di agosto. Mikael è nato e vive da anni ad Amsterdam, frequenta la scuola e ha il suo mondo nel paese. L'altra protagonista è Marjolein Faber, la nuova ministra dell'Asilo e della Migrazione simbolo delle politiche restrittive e in rampa di lancio per scalare i vertici della coalizione guidata da Dick Schoof.

L'opposizione si è mobilitata contro il provvedimento, invano finora, per chiedere alla Faber di autorizzare il giovane Mikael a restare nei Paesi Bassi. In realtà la vicenda è al culmine di una una lunghissima battaglia legale. Mikael non ha ottenuto il diritto d'asilo che il Consiglio di Stato gli ha rifiutato definitivamente il 31 luglio.

Intanto Faber, di fronte alla mobilitazione di una parte dell'opinione pubblica, si trova sotto pressione ma stranamente ritiene di non avere le competenze per intervenire. E iniziato uno scarica barile nel quale la ministra afferma che il responsabile è solo il direttore del ministero dell'Immigrazione. Una giustificazione che viene contestata da diversi giuristi i quali hanno fatto riferimento a precedenti episodi che avevano visto bambini e adolescenti nati nei Paesi Bassi ricevere un permesso di soggiorno dopo l'intervento ministeriale, in quanto la loro situazione veniva ritenuta ufficialmente «toccante» dal punto di vista umanitario.

Mikael vive da cinque anni con la madre in un centro per richiedenti asilo, dove attendeva l'esito favorevole di una richiesta di residenza presentata dopo che le autorità avevano rinunciato a una misura generalizzata, nota come «perdono», per i bambini nati nel Paese o che erano rimasti lì per molto tempo e si erano ben integrati.

I giudici però hanno stabilito che Gohar Matosyan, la madre del ragazzo, era sfuggita per troppo tempo al controllo delle autorità. Tuttavia, non hanno mancato di sottolineare che il ragazzino rischia di precipitare in uno stato di stress e incertezza una volta che potrebbe ritrovarsi in un Paese che non conosce affatto. Lo stesso punto di vista di diverse associazioni che si occupano dei diritti dei migranti, tra cui Defense for Children e Big Friends. Sulla stessa linea la sindaca ambientalista di Amsterdam, Femke Halsema, che ha giudicato crudele la decisione del Consiglio di Stato.

La ministra Faber, da sempre fedelissima di Wilders, intende inasprire ulteriormente le regole, interpretando i piani del leader di estrema destra, che ha vinto le elezioni del novembre 2023. Non a caso il suo slogan principale era «la politica migratoria più severa mai attuata nel paese». E il dossier del giovane Mikael è il primo Faber deve gestire, in gioco c e la sua reputazione.

I suoi intendimenti sono chiari, sebbene il 21 agosto ha affermato che i Paesi Bassi stavano attraversando «una crisi dell'asilo», paventando un collasso dei centri di accoglienza, ha poi corretto il tiro dicendo che le sue osservazioni erano solo una opinione personale. Tuttavia, ha fatto sapere che presto adotterà misure legali volte a rafforzare i controlli alle frontiere, limitare le richieste di asilo, vietare il ricongiungimento familiare e accelerare le espulsioni.