È morto Stefano Rodotà. Era un giurista e un intellettuale di alto livello, e siccome ci sono in giro, ormai, pochissimi intellettuali in grado di pensare liberamente, ci mancherà, ci mancherà moltissimo.

Rodotà era un ragazzo di Cosenza, nato nel 1933, suo padre insegnava matematica. Subito dopo la guerra venne a studiare a Roma e maturò la sua passione politica e intellettuale. Si iscrisse al partito radicale di Mario Panunzio, iniziò a collaborare al Mondo e si laureò in Giurisprudenza, avviando subito la carriera accademica come allievo del grande Rosario Nicolò. Rodotà era un vecchio radicale, e cioè un liberale convinto, che però aveva fatto suoi alcuni grandi valori della sinistra, soprattutto il valore dell’uguaglianza. Nel 1968 aveva 35 anni, era un professore giovane, e intrecciò un rapporto profondo con il movimento degli studenti. Rodotà era un garantista, e quando nel 1979 fu eletto deputato della sinistra indipendente ( un gruppo parlamentare figlio del Pci) scavò una piccola tana garantista dentro la sinistra italiana. E la difese coi denti, ma naturalmente con poco successo.

Poi, più avanti, modificò un pochino le sue posizioni, entrando in pieno nella battaglia politica interna al Pci e successivamente al Pds, del quale fu anche presidente. Non sopportava molto D’Alema e assunse una posizione sempre più marcatamente di sinistra. Indubbiamente il suo garantismo appassì un pochino, però era nel Dna, e riappariva ciclicamente. Soprattutto nel suo impegno a difesa della “privacy”, la privacy” come valore, come bandiera di libertà.

Quattro anni fa i grillini lo candidarono alla Presidenza della Repubblica, e lui diventò un simbolo della sinistra sinistra, quella che non accettava compromessi. I ragazzi gridavano per strada: «Rodotà- tà- tà». Però mica perse la testa. Continuò a pensare, Rodotà, perché non ne sapeva fare a meno. E qualche settimana fa scrisse un corsivetto sul manifesto, al veleno contro grillini e la loro scarsa attitudine per la democrazia diretta. Si possono dire tante cose di Rodotà, sicuramente non si può dire che non fosse un difensore spietato della democrazia e delle sue regole.