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Le prime ovaie stampate in tre dimensioni hanno restituito la fertilità a delle topoline. È l’esperimento portato a termine con successo da un gruppo di ricercatori dell’università di Northwestern, Chicago, coordinati da Monica Laronda, Alexandra Rutz e Teresa Woodruff. In realtà l’organo in 3D era già stato creato quasi un anno fa, ma solo ora, grazie alla sinergia con esperti in altri campi e di altre università è stato possibile l’impianto nell’apparato riproduttivo di tre topoline, precedentemente private delle proprie ovaie. <<La nostra ricerca mostra che le bioprotesi hanno un’efficacia a lungo termine>>, spiega Teresa K. Woodruff, della Northwestern University, <<Utilizzare la bioingegneria al posto dei trapianti per creare strutture organiche che siano capaci di funzionare e di ripristinare la salute di un determinato tessuto è il Santo Graal della medicina rigenerativa>>.
Tre topoline hanno potuto ovulare e partorire due cuccioli. La chiave del successo risiede nella particolare struttura biochimica dell’organo artificiale. Infatti, per adattarsi all’organismo, è stato usato l’idrogel, un materiale composto per la gran maggioranza di acqua e polimeri. Generalmente l’idrogel non è un materiale rigido e, sottoposto a piccole pressioni tende a collassare su se stesso. Ma lavorato alla giusta temperatura, la struttura molecolare si è irriggidita fino a permettere la sovrapposizione di diversi strati. Così, i ricercatori della Northwestern sono riusciti a creare un materiale abbastanza flessibile per adattarsi all’organismo e ai tessuti naturali e abbastanza solido per essere manipolato. <<La maggior parte delle gelatine è molto debole, dal momento che è costituita principalmente da acqua. Abbiamo trovato una temperatura che gli permette di essere autosufficiente, di non collassare e di poter costruire più strati. Nessun altro è stato in grado di stampare la gelatina con una geometria così ben definita>> dichiarano, ragionevolmente entusiasti, gli scienziati.
La struttura a strati ha permesso di riprodurre la particolare geometria a rete delle ovaie. Senza questa architettura organica infatti, non sarebbe possibile accogliere i follicoli ovarici dove cresce l’ovulo. Dopo l’impianto, la struttura 3D si è integrata con i tessuti creando vasi sanguigni e potendo maturare gli ovuli.
<<Queste ovaie hanno una struttura duratura e a lungo termine>> spiega Teresa Woodruf, infatti le ovaie 3D hanno riportato a livelli fertili la funzione ormonale e permesso tutto il processo di gestazione fino all’allattamento.
La ricerca pubblicata e visionabile gratuitamente su Nature Comunications, spalanca le porte a possibilità fino ad ora sussurrate soltanto. <<Le ovaie di alcune delle nostre pazienti colpite da un tumore, non funzionano a sufficienza, per cui c’è bisogno di seguire terapie di sostituzione ormonale per innescare la pubertà>> afferma Monica Laronda.
L’obiettivo è restituire la fertilità a donne che l’hanno persa per esempio a causa di cancro infantile e di trattamenti radioterapici. Certo, l’apparato riproduttivo umano è ben più complicato di quello di un topo, ammettono i ricercatori, ma ipotizzano che in cinque anni appena si potrà stampare, in 3D, un organo che riproduca <<in toto il funzionamento di un ovaio, in ogni fase della vita di una donna, dalla pubertà, fino alla menopausa, passando per l’età adulta>> conclude la dottoressa Laronda.