È scioccante vedere le immagini della folla di Cirò Marina che accoglie Salvatore Fuscaldo, il presunto assassino di Antonella Lettieri, mentre esce dalla caserma dopo l’arresto. Le urla contro di lui, «bastardo, assassino», non sembrano neanche più umane. Sono urla disumane, urla che sembrano arrivare dalla storia dell’umanità, quando vigeva la legge di tutti contro tutti. Sono le urla delle Erinni, le figure mitologiche dedite alla vendetta. Ma se c’è vendetta, non c’è giustizia.

Erano tantissimi l’altro ieri che aspettavano il presunto assassino, una massa che si muoveva come un unico corpo: il corpo della rabbia, dell’odio, della sete di vendetta. Il sospetto degli inquirenti è che possa trattarsi di un omaggio mafioso alla famiglia di lei.

Resta una comunità che davanti a un atroce omicidio non sente il bisogno di affidarsi alla giustizia e quindi al processo, ma che ha già deciso che il presunto colpevole è l’assassino e che quell’assassino non deve andare in prigione ma deve essere punito subito, linciandolo.

Di recente l’Unione Camere Penali ha fatto uno studio sui principali quotidiani italiani, da cui è emerso che la cronaca giudiziaria si fonda principalmente sulla prima fase delle indagini fino all’arresto e che questo, tra le altre conseguenze, comporta che la sentenza venga anticipata mediaticamente a prima del processo. Non c’è trasmissione televisiva che non cavalchi questa dimensione della notizia, dando un’eco sempre maggiore a delitti, arresti, presunti esperti. E’ quello che chiamiamo processo mediatico e che a Cirò Marina ha preso l’evidenza plastica di una folla inferocita: questi anni e queste sentenze improvvisate hanno mutato la testa delle persone e hanno mutato anche la società. E’ una trasformazione antropologica che mette a serio rischio quelle leggi che regolano il vivere democratico. La morte atroce di Antonella, uccisa proprio la sera dell’ 8 marzo, non può e non deve trovare riscatto nella barbarie, altrimenti si aggiunge orrore ad orrore. La folla inferocita non rappresenta lo sdegno, rappresenta invece la sconfitta di una società che rischia di scivolare nella barbarie.