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profughi ucraini
Uffa! Giorni e settimane ad ascoltare sospiri e rimpianti anche da parte di persone valutate eccellenti e di maturata esperienza; una sagra di banalità. Certo: la cosa da fare è “ fermare subito l’aggressione militare russa all’Ucraina”. Come, di grazia? Certo: l’Unione Europea dimostra una sorprendente reazione, una “compattezza e decisioni straordinarie, impensabili fino a pochi anni fa”. Certo: “ dopo tre settimane di invasione è chiaro che Putin vuole tutta l’Ucraina”.
Quante tocca sentirne e leggerne… Non è esattamente una rivelazione il fatto che sia molto improbabile (e forse neppure augurabile) che un esercito di qualsivoglia Paese occidentale sia disposto ad andare fisicamente in Ucraina. Ci si sente dei Cacciari quando parla un Di Battista: è di tutta evidenza che non sia ripetibile l’operazione Nato in Kosovo: non solo per ragioni legate alla “fisicità” del territorio; soprattutto perché guerra diretta con la Russia significa tutto quello che sappiamo. Fa sorridere chi ricorda il capodanno di Marco Pannella con la divisa militare dell’esercito croato a Osjek dalle comode poltroncine di studi televisivi…
È evidente che si deve stare dalla parte di chi subisce un’aggressione immotivata, contraria ai principi basilari dei diritti internazionali e umanitari; ovvio, perfino banale, l’assicurazione che nessuno è contro i russi: è Putin che va sconfitto; anche qui, come per il “ fermate la guerra”, c’è il particolare del “come”: evidentemente un qualcosa di trascurabile, questo lo si vedrà “dopo”, l’importante ora, con espressione contrita, scolpire affermazioni di principio un tanto al chilo. Se poi si insiste, si chiede di “stringere” un poco i concetti appena annunciati, ecco il suggerimento: “ Si potranno ridurre gli acquisti di gas con cui Putin finanzia la guerra”. Una cosa certamente concreta; a patto di dire con chiarezza e senza inganno cosa accade una volta che si assume questa decisione. Cosa accade in Europa, in Italia, nel nostro quotidiano vivere: uno spiegare a reti unificate: “ Cari concittadini, sappiate che faremo questo, e che comporterà quest’altro, oggi, subito, e per chissà quanto tempo...”. Se no, si ciurla semplicemente nel manico.
Poi, c’è l’hic et nunc. A detta unanime di analisti ed esperti, la guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina porterà non solo morte e distruzione: sarà lunga, con effetti che dureranno mesi, anni. Le immagini diffuse da televisioni e social mostrano centinaia di migliaia di profughi dall’Ucraina in fiamme. Si prevede che saranno diversi milioni: altro che le poche centinaia di immigrati che dopo aver attraversato l’infuocato deserto del Fezzan, si avventurano su barchini per arrivare nelle coste meridionali del nostro Paese… Quello sotto i nostri occhi è un vero e proprio Esodo.
Quelle centinaia di migliaia di profughi abbandonano il loro Paese con poco più dei vestiti che hanno indosso. Li vediamo: sono donne, bambini, vecchi. Immagini che commuovono e straziano. Accoglierli è un preciso dovere, a cui non ci si può e non ci si deve sottrarre. Ma occorre pensare anche, soprattutto, al “come” accoglierli. Già ora li vediamo: costretti in spaventosa promiscuità forzata. Non uno che indossi la mascherina che per noi è diventata perfino un oggetto da indossare con dettami di moda, abbinandola al vestito. Per quella povera gente, il Covid non esiste? Il morbo, pietoso, li evita? Ma al di là del Covid, quand’anche fossero tutti iper- vaccinati e immuni: hanno bisogno di assistenza di ogni tipo, fisica e psicologica. Di un tetto, per cominciare; e poi di cure, di cibo, possibile integrazione con le comunità che li ospiteranno.
L’Italia fa già la sua parte in modo ammirevole, accogliendone migliaia, di questi profughi. Non sarà sufficiente la rete di parenti e amici di cui molti dispongono; e neppure l’individuale “buon cuore” dell’italiano “brava gente”, che non manca. Per un’ondata migratoria di queste proporzioni ci sono organizzazioni in grado di garantire e assistenza necessaria, ne hanno le strutture, e anche la preparazione necessaria, “l’abito mentale”, la predisposizione alle indispensabili catene di comando; capaci, insomma, di fornire un intervento e una “presenza” rapida, di radicale e continuativa, incisiva, efficienza. Queste strutture sono l’esercito, la protezione civile, croce rossa, la chiesa. Per quel che riguarda la chiesa, sicuramente non ha bisogno di suggerimenti ( un possibile coordinamento con esercito, croce rossa e protezione civile, magari sarebbe utile). Ma per quanto riguarda le altre tre strutture statali, che dovranno appoggiarsi a Regioni e amministrazioni locali, non è forse già da subito il caso di pensarci: di individuare l’equivalente di un generale Figliuolo, di un Zamberletti, che già si prepari, e ci prepari, per questa dolorosa e certamente non lunga emergenza?
Ecco: al posto di tante pensose e vacue elucubrazioni su “ieri” e “domani”, non sarebbe inutile un qualche concreto pensiero sull’“oggi”? Certo: invocare rituali “bisogna” è piuttosto facile, semplice. Operare nel concreto e nel quotidiano più difficile, complesso. Se poi l’esortazione al “bisogna” viene da chi, quando poteva ha rivelato tutti i suoi limiti e le sue lacune, la cosa diventa perfino irritante e stucchevole.