Il Procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo, ha mandato alla polizia giudiziaria, ai Pm e agli avvocati una circolare nella quale spiega che non è lecito distribuire alla stampa i testi delle intercetazioni senza seguire criteri molto rigorosi. Non si possono mandare in giro intercettazioni che riguardano la vita privata della gente, il sesso, o le opinioni o o le abitudini personali. E non si possono rendere pubbliuche quelle intercettazioni che non siano un elemento deciusovo di prova. Perché? Per la sempolice ragione che esiste un articolo della Costituzione (e precisamente l’articolo 15) che garantisce il diritto alla segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni. Il dottor Creazzo, nella circolare, spiega che questo diritto deve essere garantito, e può essere sospeso solo per speciali esigenze di indagine.In sosrtanza Creazzo spiega che le intercettazioni devono essere una misura straordinaria. E che, siccome entrano in contrasto con una rticolo della costituzione, possono essere adoperate per ragioni investigative molto solide ma non possono essere usate per fare piacere ai giornalisti e ai giornali. Laltro ieri qualcosa del genere - anche in forma assai più severa - era stata detta solennemente da Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm. La dichiarazione di Legnini non ha avuto grande risalto sulla stampa. E molto probabilmente non avrà grande rilievo neppure questa cirocolare di Crerazzo. L’inico giornale che ieri ha notato la presa di posizione del capo del Csm è stato “Il Fatto”. Il quale ha pubblicato la notizia corredandola con un titolo indignato: “intercettazioni, Legnini invoca il bavafglio. (a questoi proposito vorrei raccontarvi un episodio di 60 anni fa. Era il 1956 e un intellettuale di punta del Pci, Fabrizio Onofri, inviò a Rinascita - che era il settimanale ufficialedi Botteghe Oscure - un articolo nel quale criticava il paritto per aver appoggiato l’invasione sovietica dell’Ungheria. Sgomento in redazione. L’articolo viene mandato a Togliatti, il quale, a sorpesa, ordina la pubblicazione. Però - dice - il titolo lo faccio io. E scrive su un foglio di carta, con la sua stilografica a inchiostro verde, il seguente titoloi: «Un inammissibile attacco alla linea del Pci». E con questo titolo l’articolo appare su Rinascita). Scusate la digressione, ma mi pareva pertinente. Perché i giornali hanno ignorato Legnini che bacchettava i Pm e la loro generosità nel distribuire intercettazioni? Foirse non c’è bisogmno di spiegarlo: i giornalisti e gli editori italiani, negli ultimi anni, hanno visdsuto di “intercettazioni” e vedono come una vera maledizione la possibilità che l’Italia, come tutti gli altri paesi occidentali, le limiti o ne regoli la divolgazione. Le intercettazioni oggi sono lo strumento fondamentale dell’alleanza tra gran parte del giornalismo italiano e pezzi di magistratura inquirente. Sono il prezzo che questi pezzi di magistratura pagano per assicurarsi la benevolenza dei giornali; e al tempo stesso sono quasi una “pena accessoria” e preventiva - fatta di fango - che viene assegnata agli indiziati, o talvolta - come nel caso Guidi - a cittadini del tutto innocenti ma colpevoli del reato di “celebrità”. Sarà molto difficile preparare una buona legge sulle intercettazioni. Perché oggi la politica è talmente debole che neppure osa fronteggiare il potere della stampa. Però una speranza c’è. Che qualche magistrato coraggioso, e lo stesso vicepresidente del Csm, inizino a pronunciare parole ragionevoli e ad opporsi alla barbarie è un fatto che non può che essere salutato con sollievo. Se si trovasse persino quialche giornalista disposto a spendere una prola contro il potere degli editori... Beh, forse è chiedere troppo.