Il controverso presidente filippino Rodrigo Duterte ha superato la prova delle elezioni di midterm e ora se i risultati saranno confermati punta a incrementare la sua durissima lotta alla criminalità introducendo la pena di morte.

I risultati ufficiali del voto che si è tenuto lunedì saranno comunicati solo domani, ma quanto si è visto finora – con il 94% dei voti contati, i candidati di Duterte si sarebbero aggiudicati nove dei dodici seggi in palio al Senato ( su 24 complessivi). Nel complesso delle elezioni anche amministrative si profila una netta vittoria per Duterte e i suoi alleati. Ottenere la maggioranza al Senato, come sembra, permetterebbe al presidente di avere una strada semplificata verso le riforme che ha in mente, compresa quella della Costituzione, con la quale intende trasformare le Filippine in una Repubblica federale, cosa che, secondo gli osservatori, servirebbe a consentirgli di restare al potere, sia pure indirettamente, ben oltre la fine del suo mandato. E poi vuole intervenire sui temi a lui più cari, quelli della sicurezza imposta con il pugno più duro: Duterte intende abbassare da 15 a 12 anni l’età della responsabilità penale, e vuole ripristinare la pena di morte per i reati di droga, accelerando ulteriormente la sua guerra personale al narcotraffico.

Tra i neosenatori alleati di Duterte c’è anche l'ex capo della polizia Ronald de la Rosa, che ha diretto la sanguinosa «guerra alla droga» lanciata dal leader di Manila, e che secondo le organizzazioni per i diritti umani ha causato migliaia di morti in esecuzioni sommarie. Duterte inoltre ha più volte evocato la prospettiva di una legge marziale e la possibilità della rimozione del limite di mandati consecutivi ( il suo scade tra tre anni).

Ma proprio questa linea dura, spesso spietata, che si contrappone non solo ai trafficanti e ai guerriglieri, ma anche alla Chiesa e alle organizzazioni umanitarie, e che non si pone limiti nell’utilizzare un linguaggio molto duro e spesso anche volgare persino nei confronti dei maggiori leader stranieri, sembra piacere ai filippini: i sondaggi danno il gradimento di Duterte all’ 80 per cento, e il voto che da molti è stato visto come un referendum su di lui ha confermato questa tendenza positiva.

Sono stati ben 61 i milioni di cittadini che si sono registrati per andare a votare per rinnovare metà del Senato, la Camera bassa e diverse amministrazioni locali.

L’opposizione e diversi difensori dei diritti umani sono meno entusiasti di Duterte, e denunciano leggi e misure troppo severe, uccisioni e arresti arbitrari che non risparmiano i minori, e il rischio di una svolta sempre più autoritaria del governo di Manila.