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Donald Trump rifà il trucco al "Muslim Ban"

Nel nuovo testo solo l'Iraq sarà escluso dal divieto di ingresso. Stretta sui rifugiati di guerra che non avranno corsie preferenziali. Il provvedimento entrerà in vigore il 16 marzo

06 Marzo 2017, 20:50

12 Dicembre 2025, 00:33

Donald Trump rifà il trucco al "Muslim Ban"
L'amministrazione Trump ci riprova, dopo aver fatto un semplice make-up al Muslim Ban che tanti problemi le aveva causato. Ieri il presidente ha firmato un nuovo ordine esecutivo volto a regolare l'ingresso di alcuni stranieri negli Stati Uniti. Le novità rispetto al precedente sono che l'Iraq è stato escluso dalla lista (che adesso comprende Siria, Iran, Yemen, Libia, Somalia e Sudan); che si rivolgerà alle nuove richieste di visto e non a chi possiede già un visto o una green card; che non prevede una corsia preferenziale per le minoranze linguistiche e religiose; che accomuna i siriani a tutti gli altri rifugiati, sospendendo per quattro mesi il programma di accoglienza; e infine che entrerà in vigore fra 10 giorni, il 16 marzo, e non immediatamente, probabilmente per evitare il ripetersi del caos e delle proteste negli aeroporti della volta scorsa. Quindi, a breve, i migranti proveniente da questi sei Paesi dovranno aspettare tre mesi prima di sapere se la loro richiesta di visto sia stata accettata o meno: <Non è un provvedimento contro i musulmani, ma vogliamo difendere il nostro Paese da possibili infiltrazioni terroristiche> dicono al Guardian voci ufficiali dalla Casa Bianca, che non ha tenuto una conferenza stampa per presentare il nuovo provvedimento. Nonostante i cambiamenti, la nuova versione non convince chi si è opposto alla precedente: <Resta la teoria che una persona viene considerata un 'potenziale terrorista' a seconda del Paese d'origine. È un'aberrazione> ha commentato la sezione statunitense di Human Rights Watch. Anche dal punto di vista legale sono molti i nodi da sciogliere: <L'aver rimosso la discriminante linguistica e religiosa è un passo importante. - ha commentato ad Associated Press Stephen Vladeck, ordinario di Diritto all'Università del Texas - Ma anche questo provvedimento colpisce Paesi a maggioranza musulmana, facendolo sembrare un bando su base religiose. Ci sarà ancora molto lavoro per le Corti> che già avevano bocciato e fatto decadere il primo bando di gennaio. L'unica voce che si è levata a favore della revisione è quella del governo iracheno, che tramite il Ministero degli Esteri ha espresso <profonda soddisfazione> per essere stato cancellato dalla lista dei cattivi, un <passo importante che - dice Baghdad - migliorerà i rapporti fra Iraq e Stati Uniti>. Chi invece sulla lista dei cattivi è stato messo di imperio è l'ex presidente Barack Obama. Accusato dal suo successore di averlo fatto intercettare e spiare con tanto di cimici all'interno della Trump Tower, Obama è stato difeso dall'insospettabile James Comey, direttore dell'Fbi. Ieri mattina Comey ha pubblicamente chiesto al Ministero della Giustizia di respingere le accuse verso l'ex presidente, data la <gravità delle accuse> e <l'inesistenza delle prove> a supporto di quello che Trump ha chiamato un <nuovo Watergate>. Se Obama si fosse servito degli agenti federali per mettere sotto controllo la Trump Tower, significherebbe che l'Fbi avrebbe infranto la legge. Per questo motivo Comey è entrato nella polemica più aspra che l'attuale inquilino della Casa Bianca ha rivolto al suo predecessore. Questo ha un doppio significato per Trump, visto che il direttore dell'Fbi è l'uomo che deve ringraziare di più per la vittoria alle elezioni. Fu Comey, da sempre vicino al partito dei Repubblicani, ad annunciare a poche settimane dal voto la riapertura delle indagini a carico di Hillary Clinton per il 'Mailgate', diventandone il killer politico. Quell'indagine fu archiviata senza praticamente cominciare e Comey è l'unico fra i suoi colleghi ad aver mantenuto la poltrona da direttore di un'agenzia di intelligence. Peccato che la luna di miele con Trump sembra già finita: <Le parole di Comey sono inaccettabili- ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders - Noi chiediamo solo che il Congresso faccia il suo lavoro, indagando sull'attività di spionaggio organizzata da Obama>.