C’è chi l’ha chiamato “il sacrificio dei buoni” e forse non è andato tanto lontano dalla verità.

L’incidente aereo che domenica in Etiopia ha provocato la morte di 157 persone ha riguardato infatti molti delegati Onu impegnati in un forum per difendere l’ambiente, e anche le otto vittime italiane avevano tutte un profilo di persone impegnate al servizio degli altri, tra funzionari Onu, volontari e ong e archeologi.

Il problema adesso è capire cosa abbia determinato il disastro, dato che è il secondo in pochissimo tempo a riguardare un aereo da poco entrato in linea e già molto diffuso nel mondo, il Boeing 737 Max- 8. Il 29 ottobre, infatti, un aereo dello stesso tipo della Lion Air era precipitato in Asia nel Mare di Giava, anche in quel caso subito dopo il decollo, causando la morte di 189 persone.

Tanto che Paesi come la Cina e la stessa Etiopia hanno preferito mettere subito a terra la flotta di questo nuovo gigante dei cieli, mentre l’Unione europea ha detto che sono in corso attenti approfondimenti, anche se per ora non sembra esserci motivo di fermare tutti i velivoli simili.

Il 737 Max ha operato il suo primo volo nel 2017 e da allora sono attivi già 350 esemplari (compresi quelli di Air Italy), mentre cento compagnie di tutto il mondo hanno ordinato 4.500 aerei, anche perché il modello è considerato all’avanguardia per tecnologia, efficienza e consumi (consuma il 13 per cento di carburante in meno rispetto ai modelli della stessa fascia).

Immediatamente la Boeing ha subito un pesante tracollo in Borsa a Wall Street, il più importante dal settembre 2001, dopo gli attacchi alle Torri gemelle e al Pentagono.

Ma adesso si cerca di capire di più, di andare a fondo con le indagini perché un simile disastro non accada mai più in un’epoca in cui la sicurezza aerea non mai stata così elevata.

Dopo l’incidente in Indonesia, la Boeing e la Faa ( l’agenzia federale dell’aviazione degli Stati Uniti) diffusero dei documenti di avvertimento alle compagnie sul sistema anti- stallo del velivolo. Come sempre accade in questi casi, per capire esattamente cosa sia successo occorre analizzare i dati della scatola nera e del registratore delle voci in cabina, ma secondo le prime indiscrezioni il “responsabile” principale sarebbe il software di ultimissima generazione che regola il pilota automatico combinato allo scarso addestramento specifico dei piloti su quel sistema.

Il Boeing 737 Max- 8 è decollato dall’aeroporto di Addis Abeba diretto a Nairobi e dopo quattro minuti ha raggiunto l’altitudine massima, poi si è abbassato e dopo due minuti è risalito di nuovo, con una velocità che viene definita “instabile”.

Nel frattempo il comandante aveva riscontrato dei problemi e prima di perdere il contatto con la torre di controllo aveva chiesto di poter tornare indietro, ma non ha fatto in tempo.

Il tutto è costato la vita a molte persone tra cui otto italiani. Fra loro Sebastiano Tusa, 66 anni, archeologo di fama internazionale, assessore ai Beni culturali della Regione Sicilia, diretto in Kenya per un progetto dell’Unesco.

Tre giovani funzionarie romane impegnate nel World Food programme, Virginia Chimenti, Maria Pilar Buzzetti e Rosemary Mumbi, erano dirette a una Conferenza Onu sul clima a Nairobi come diversi altri passeggeri.

Poi i volontari delle ong: Paolo Dieci, presidente della ong Cisp e di rete LinK 2007, che ha sede a Roma e racchiude 14 Organizzazioni, e tre volontari della ong Africa Tremila, il medico in pensione Carlo Spini, sua moglie Gabriella Vigiani, infermiera, e il tesoriere Matteo Ravasio, diretti a un ospedale che la onlus sta realizzando in Sud Sudan.