Da una parte il cardinal Matteo Maria Zuppi, dall’altra Robert Sarah. In mezzo, il segretario di Stato di Papa Francesco, quel Pietro Parolin dato come principale favorito per salire al soglio di Pietro. Nel Conclave che partirà mercoledì pomeriggio si fronteggiano destra e sinistra, conservatori e progressisti, fautori di una Chiesa aperta al mondo, vicina alle periferie ed erede del pontificato di Jorge Mario Bergoglio e sostenitori di dottrina più severa, portatrice dei valori incarnati da ultimo da Benedetto XVI e che ristabilisca alcune linee guida troppo spesso oltrepassate negli ultimi 12 anni.

In ogni caso, è fuori di dubbio che i “progressisti” siano la maggioranza. E dunque Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, non può non essere iscritto di diritto tra i “papabili”.

Romano, classe 1955, Zuppi ha un forte legame con Sant’Egidio (ha conosciuto il suo fondatore, Andrea Riccardi, tra i banchi del liceo Virgilio, assieme a Francesco De Gregori), ma è Arcivescovo di Bologna dal 2015. È stato viceparroco a Santa Maria in Trastevere, diventandone titolare nel 2000.

A Bologna è noto per girare in biciclette, lo chiamano “don Matteo” e sotto i portici è diventato di casa, tanto da accogliere lo stesso Papa Francesco quando Bergoglio parlò alla comunità universitaria felsinea, nel 2017.

Tra i progressisti di cui si parla di più, anche per la sua presa mediatica, c’è Luis Antonio Tagle, 68 anni, filippino di Manila. Abile comunicatore, è una presenza fissa nella tv nazionale filippina e ormai fenomeno sui social, dove ripossono facilmente trovare le sue omelie trascinanti o la sua interpretazione di “Imagine”, una versione abbreviata risalente al 2019. Su di lui puntano molto i cardinali asiatici, ed è probabile che nella prima sessione ottenga un buon pacchetto di voti da quell’area geografica.

Terzo ed ultimo “progressista” tra i favoriti è Pierbattista Pizzaballa, anche se dato il personaggio è difficilmente ascrivibile a qualsiasi corrente. Bergamasco, 60 anni, Pizzaballa è infatti da 30 anni in Terra Santa, dove cerca di pacificare per quanto possibile i rapporti tra le diverse religioni dell’area. Trascorso un periodo a Roma si è trasferito a Gerusalemme nell’ottobre 1990, parla italiano, ebraico moderno e inglese e nel 1995 ha curato la pubblicazione del Messale Romano in lingua ebraica traducendo anche vari testi liturgici in ebraico per le Comunità cattoliche in Israele. È insomma una figura ben voluta, ma proprio per questo, oltre che per la giovane età, i suoi colleghi cardinali potrebbero ritenere più “utile” lasciarlo dov’è.

Dall’altra parte, tra i conservatori, sono principalmente tre i cardinali nel solco contrario a Bergoglio, e che per questo sperano in una sterzata della Chiesa rispetto agli ultimi anni. Robert Sarah ha 79 anni, è guineano e, secondo la tv statunitense Fox News (amata da Donald Trump) «è conservatore, pro-life, anti-woke e ha paragonato le tendenze culturali liberali occidentali al comunismo e al nazismo». Tanto quanto basta per ergerlo a paladino della “destra” in Conclave. Ma non è il solo.

Si parla molto anche di Raymond Burke, americano, 76 anni, “nemico” giurato di Papa Francesco. Tra i due non è mai corso buon sangue, anzi, tanto che a fine 2023 Bergoglio gli ha tolto casa e stipendio perché reo di usare tali fondi «per dividere la Chiesa». Poco dopo la sua elezione Francesco lo escluse dall’allora congregazione per i Vescovi di cui era membro, poi lo trasferì dalla Segnatura apostolica al poco più che onorifico incarico di sovrano patrono dell’Ordine di Malta. Da qui fu esautorato già nel 2017, con il Papa che gli impedì di fare alcunché nonostante avesse deciso di non rimuoverlo formalmente. Insomma, una guerra aperta.

Tra i più “vivaci” cardinali in questi giorni di pre-Conclave c’è anche il tedesco Gerhard Ludwig Müller, 77 anni, che ha rilasciato diverse interviste per ribadire alcuni punti fermi. «Il Papa o chiunque nella Chiesa non deve confondere questa missione personale che viene da Gesù Cristo con un ufficio politico, vivendo e parlando secondo il piacere di diverse lobby che con la loro agenda, globalista o dell’ideologia del gender, vogliono governare il mondo», ha detto tra le altre cose. Se non è un programma politico questo…

Più moderato tra quelli “di destra” è il profilo dell’arcivescovo di Budapest Peter Erdo, ma nella lotta tra progressisti e conservatori potrebbero emergere i “centristi”, anche detti mediatori, primo tra tutti Parolin. Veneto di Schiavon, 70 anni, diplomatico di lungo corso, nei dodici anni in cui è stato “primo ministro” della Santa Sede con Francesco ha sempre evitato di prevaricare il ruolo. Pur essendo molto raro che il segretario di Stato venga eletto Papa, in molti lo danno per favorito soprattutto per i suoi buoni rapporti con i grandi del mondo. Celebri le sue foto con il presidente ucraino Zelensky, ma gode anche di una grande stima in Cina, i cui rapporti con il Vaticano vivono notoriamente di alti e bassi. Insomma, se non fosse per il poco carisma che gli viene rimproverato, potrebbe essere una giusta via di mezzo.

Così come Jean Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia e capo dei vescovi francesi. Nato vicino ad Algeri nel 1958, è teologo e si è molto occupato di dialogo interreligioso anche alla luce del ruolo centrale che Marsiglia ha per il Mediterraneo, tanto da ospitare Papa Francesco nella città francese. Tra i punti che, secondo i principali osservatori delle dinamiche vaticane, potrebbero giocare a suo sfavore per l’elezione c'è il fatto che non parla bene l’italiano. Ma c’è da scommettere che tutti siano pronti, in caso di fumata bianca, a un laconico “les jeux sono faits”.