Ci sarà, anzi no. Anzi di nuovo sì. Silvio Berlusconi ha abituato sostenitori e dirigenti del suo partito a improvvisi colpi di scena e subitanei cambi di direzione e anche questa volta non ha deluso. Fino all’ultimo sembrava che il Cav volesse dare forfait alla manifestazione convocata dalla Lega per il 19 ottobre in piazza San Giovanni a Roma, contro il governo. «La Lega non ci aveva ufficialmente invitato alla manifestazione, neanche con una telefonata. Noi avevamo detto che mandavamo una delegazione», invece, dopo «aver sentito le minacce di carcere da parte del governo, ho cambiato idea sul nostro modo di protestare».

Dunque Forza Italia e lo stesso Berlusconi saranno in piazza insieme a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ma i ranghi del partito sempre più in difficoltà non fanno i salti di gioia, soprattutto per quanto riguarda la componente più liberale. In prima fila Mara Carfagna, che non ha affatto gradito le dichiarazioni di Salvini ( a chi gli chiedeva della presenza di Fi in piazza, ha risposto «più gente c’è meglio è. Io non sono mica per escludere nessuno. Sono uno inclusivo. Però si guarda avanti» ), e ha chiesto che «il quadrumvirato di Forza Italia abbia il coraggio di difendere 25 anni di storia liberale che non possono essere liquidati così». A certificare il poco entusiasmo nell’adesione, si è aggiunto anche il senatore di Forza Italia, Francesco Giro, con una netta presa di distanza: «La manifestazione del 19 ottobre è di Salvini e della Lega. Forza Italia parteciperà con una delegazione ospite. Tutto qui. Nulla di più e nulla di meno».

Insomma, i malesseri in Fi anzichè sedarsi si moltiplicano. E presto potrebbe rispuntare la questione mai risolta dello ius culturae: formalmente, come confermato dal capogruppo in commissione Francesco Paolo Sisto, Forza Italia è contraria. Esponenti importanti, però, si sono espressi a favore: Renata Polverini in primis, che in polemica col suo gruppo si è autosospesa ed è data in avvicinamento a Italia Viva; ma anche Renato Schifani.

Lo stesso Berlusconi è intervenuto sul tema con un’apertura che minaccia di mettere in difficoltà il gruppo parlamentare: «Mi sembra logico e normale che ragazzi nati qui da cittadini stranieri o venuti qui giovanissimi possano diventare cittadini italiani, ma non con una norma generale, con un esame particolare su ognuno di loro», ha detto il Cav, che pensa che si potrebbero introdurre delle commissioni per la cittadinanza in ogni regione. Non certo una posizione facilmente digeribile dalla Lega, con la quale a parole l’alleanza di centrodestra è ricostituita, ma nei fatti sembra più lontana che mai.