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cassa forense militi
In queste ultime settimane non sono mancate le novità che possono impattare sull’operatività degli enti previdenziali, come la Cassa Forense. In effetti, tra crisi economica, inflazione, aumento dei tassi di interesse, novità legislative positive (nuovi parametri forensi) e negative ( mancata approvazione finale del Ddl sull’Equo compenso), e se non bastasse, il prossimo click day per il bonus da 200 euro, che anche gli avvocati potranno ricevere, è evidente che il lavoro non manca per chi si occupa di previdenza, come Valter Militi, presidente della Cassa Forense.
Il Dubbio ha quindi intervistato il presidente Militi per capire cosa gli avvocati si possono aspettare nel prossimo futuro, relativamente alla propria previdenza, che, visti i tempi che corrono, tra guerra, crisi energetica, rischi di recessione, ed un quadro internazionale sempre più destabilizzato, può costituire un elemento di sicurezza per il proprio futuro.
Presidente Militi, visto che tra breve comincerà una nuova legislatura, quali sono i provvedimenti che lei auspica vengano approvati dal Parlamento nei prossimi anni?
“La riaffermazione dell’autonomia degli enti previdenziali potrebbe costituire una delle direttrici della prossima politica di welfare, in quanto, sebbene la Corte costituzionale abbia più volte ribadito tale autonomia, ci sono diversi segnali che vanno nella direzione opposta. Per esempio, sono veramente molte le autorità pubbliche con cui noi interagiamo, dalla commissione bicamerale del Parlamento sulla previdenza all’Anac, dalla Corte dei Conti ai vari Ministeri (Lavoro, Economia, Giustizia), sino alla COVIP che deve controllare gli investimenti delle risorse finanziarie e la composizione del patrimonio, e questo certo non facilita il lavoro di gestione dell’ente. A questo si aggiungono interventi legislativi che, ora per un motivo, ora per un altro, limitano ancora di più l’autonomia e l’operatività della Cassa.
Ma le difficoltà maggiori potrebbero provenire da un regolamento tecnico sulle modalità di investimento del patrimonio delle Casse previdenziali, che si attende da molti anni, tanto da essere soprannominato “l’emanando”, che potrebbe porre limiti, mediante una serie di parametri, alle modalità di gestione del patrimonio, in particolare negli investimenti alternativi, nonostante gli enti previdenziali abbiano finora ottenuto risultati soddisfacenti. Inoltre, questi nuovi limiti renderebbero anche più difficile il perseguimento dell’obiettivo che il Governo ha posto agli enti previdenziali, ossia di contribuire al sostegno della crescita economica”.
Vi è una seconda misura che lei ritiene auspicabile per la prossima legislatura?
“Un altro tema da affrontare, che in realtà è ancora più urgente, riguarda la questione della cosiddetta “doppia tassazione”. In pratica, vi è una prima tassazione con le aliquote applicate al reddito derivante dagli investimenti effettuati con i contributi degli iscritti della Cassa (come quella del 26% per i rendimenti finanziari), ed una seconda tassazione, che si applica alle prestazioni previdenziali, che sono sottoposte all’Irpef, al pari di altri redditi, che sono però finanziate da quei redditi, che erano già stati oggetto della prima tassazione. Questa stortura, che è abbastanza unica nel panorama europeo, dovrebbe essere rimossa, così da consentire un migliore trattamento dei pensionati”.
A proposito di investimenti, ritiene che l’aumento dei tassi di interesse che tutte le autorità monetarie stanno decidendo in queste settimane per contrastare l’inflazione, possa avere effetti positivi sul rendimento degli investimenti della Cassa?
“A mio avviso la crescita dei tassi di interesse non dovrebbe avere un impatto né positivo, né negativo sui risultati della gestione del patrimonio previdenziale. Semmai, bisogna ammettere che gestire i patrimoni in periodi più turbolenti, come quelli attuali, è sicuramente più difficile rispetto a periodi in cui l’economia cresce, e non vi sono particolari problemi. A questo si aggiunge il problema dell’inflazione, che effettivamente erode il valore delle prestazioni previdenziali, ed in particolare delle pensioni”.
Allora, anche l’introduzione dei nuovi parametri forensi, che determinano un incremento medio del 5% non avrà un impatto sulle entrate della Cassa?
“In effetti, le considerazioni sopra sviluppate potrebbero essere applicate anche a questa domanda. Il fatto è che oggi il reddito degli avvocati non proviene più principalmente dalla gestione dei processi, prestazione per la quale sono applicabili i parametri, ma sempre di più da attività consulenziali, la cui remunerazione non può certo essere standardizzata, che oggi vengono erogate non solo dai grandi studi, ma anche da quelli più piccoli”.
Concludendo con la prossima iniziativa della Cassa forense, ossia l’erogazione del bonus da 200 euro, che cosa devono attendersi gli avvocati?
“Siamo in attesa dell’uscita in Gazzetta ufficiale del Decreto del Ministero del Lavoro e dell'Economia, che indicherà le modalità concrete di erogazione del bonus da 200 euro, previsto dal D. L. 50/ 2022. A quel punto, una volta uscito il Decreto, pubblicheremo tempestivamente nel nostro sito le modalità per farne richiesta, ed è ragionevole ritenere che ci sia una sorta di click day, ma secondo le nostre valutazioni, le risorse dovrebbero bastare per tutti i richiedenti”.