Ventimila giovani praticanti avvocati fermi al palo. Bloccati, con uno scritto già fatto e un orale che non sembra essere all’orizzonte. E con il risultato di allontanare sempre di più l’inizio dell’attività lavorativa, nel periodo più nero della storia recente. Così loro - i giovani praticanti, hanno deciso di chiedere al ministero della Giustizia di sbloccare la situazione. Un appello sostenuto anche da Aiga - Associazione italiana giovani avvocati - che ha chiesto «misure certe nelle modalità d’esame per il 2019» e per gli esami 2020.

Tutto è fermo al decreto dell' 8 aprile scorso, che ha di fatto bloccato la correzione delle prove per 60 giorni. E così 300 giovani praticanti, assieme alle associazioni InOltre, Giovani Avvocati e Associazione italiana praticanti avvocati, hanno formulato una proposta inviata poi alla commissione Giustizia: ammettere tutti agli orali. Sarà quella la sede - nell’idea dei praticanti - in cui discutere della prova scritta, attraverso modalità disciplinate dal ministero della Giustizia, anche “da remoto”, non oltre il termine iniziale di presentazione della domanda di partecipazione per la sessione successiva. E nel caso l’emergenza, a quella data, non fosse ancora passata, i giovani propongono anche di svolgere l’esame di abilitazione della prossima sessione con la sola prova orale.

«Bloccare a 30 anni un giovane nella carriera lavorativa non fa altro che aggravare la sua situazione di dipendenza economica dal nucleo famigliare, impedendogli di emanciparsi e di crearsi un’esistenza dignitosa e gratificante dal punto di vista professionale ed umano - si legge nella proposta -. Si tratta di un’abilitazione, non di un concorso pubblico. Una volta ottenuto il titolo, la strada è tutta in salita e vi è tutto da dimostrare, confrontandosi e facendosi largo in un contesto difficile. È ingiusto impedire a tanti giovani di dimostrare sul campo ciò di cui sono capaci». Lo scopo non è solo quello di risolvere un problema concreto e attuale, ma anche quello di mobilitare la politica per una riforma integrale dell’esame di abilitazione, «così da razionalizzare l’intero sistema di selezione dei professionisti di domani, in un’ottica di efficienza, trasparenza, meritocrazia e celerità».

E a rincarare la dose ci pensa Aiga. «Oltre un mese fa - afferma Federica Airò Farulla, coordinatrice della Consulta nazionale dei praticanti dell’Aiga - abbiamo scritto al ministro Bonafede chiedendo l’immediata ripresa della correzione degli elaborati scritti, garantendo tutte le misure di sicurezza per i commissari o, in subordine, la correzione telematica. Purtroppo ad oggi non è pervenuta alcuna risposta ufficiale, e i praticanti continuano a trovarsi in uno stato di intollerabile incertezza, non sapendo se e quando verranno pubblicati i risultati e, soprattutto, quali saranno le tempistiche per l’esame orale. Non chiediamo molto: misure certe nelle modalità d’esame per il 2019. Non dimentichiamoci poi degli esami 2020: come si svolgeranno le prove scritte di dicembre 2020 se dovranno essere mantenute le precauzioni emergenziali?». La situazione, come annunciato dal ministro dell’Università Gaetano Manfredi, si è invece sbloccata per altre categorie professionali, che potranno abilitarsi attraverso un’unica prova orale a distanza. Ma per i futuri avvocati nessuna risposta. «Non siamo a favore di sanatorie generalizzate, come quella proposta dalla senatrice Lonardo, che prevede una abilitazione automatica senza nemmeno una prova orale - afferma Antonio De Angelis, presidente nazionale Aiga -, ma il Governo deve intervenire al più presto, anche con misure eccezionali. I praticanti avvocati hanno diritto di avere notizie certe sul loro futuro professionale, per non ritardare ulteriormente il loro accesso al mondo del lavoro».