Sull'ultimo numero di Venerdì di Repubblica, il dott. Enrico Deaglio (in un articolo riportato di seguito) ha speso parole e ragionamenti, per quanto da me ricostruibili come tali, sulla figura del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e sul ruolo degli avvocati in genere, partendo da una critica alla espressione “sarò l’avvocato del popolo” utilizzata in una recente occasione dal prof. avv. Conte. Il 17 aprile 2013 Papa Francesco in piazza S. Pietro, di fronte a 50 mila fedeli, si rivolse loro con queste parole: "Gesù è il nostro avvocato, egli ci difende sempre. E’ bello sentire che abbiamo un avvocato”. Quello della difesa dei diritti è dunque, almeno secondo Papa Francesco, persona con solide basi morali suppongo, una funzione nobile, peraltro, aggiungo io, costituzionalmente non alienabile. In fondo quando prendiamo le difese di qualcuno tutti siamo avvocati, poi vi è chi lo fa per professione, assumendone tutte le fatiche, le gioie, le delusioni, ma soprattutto la responsabilità di colui da cui può dipendere la libertà personale, l’onore, l’affidamento di un figlio, la tutela di una parte lesa, la salvezza di un’impresa e di posti di lavoro, e altro. Certo tra tanti avvocati che ogni giorno fanno il proprio dovere nell’anonimato, con dedizione e senso della deontologia, ve ne sono anche altri, che assai poco dignitosamente interpretano il loro ruolo, e certo si possono estrapolare, come fa il dott. Deaglio, esempi virtuosi o pernulla virtuosi, o che con la professione di avvocato mai hanno avuto a che fare, per esempio Gianni Agnelli, laureato in giurisprudenza, detto “l’avvocato” e richiamato dall’articolista, non è mai stato e non ha mai fatto l’avvocato, ma questo genere di “selezioni” può naturalmente essere fatta per qualsiasi mestiere o professione. Una cosa è certa, che i difensori dei diritti dei più deboli, i tutori delle garanzie processuali, i custodi del principio di eguaglianza e di non discriminazione, da secoli e secoli sono gli avvocati, e dove non vi è avvocatura libera non a caso non vi è democrazia. Da noi la democrazia per fortuna c’è e lo si deve anche all’ avvocatura italiana, che per essa ha combattuto e si è sacrificata, come Fulvio Croce, assassinato dai brigatisti rossi e immolatosi scientemente a difesa del di loro diritto alla difesa e dello Stato di diritto. Democrazia però vuol dire anche rispetto degli altri, del loro lavoro, della loro funzione. Per la verità vuol dire pure libertà di scrivere (quasi) qualsiasi cosa, anche se banale, non informata o qualunquista, e a ben pensarci preferisco poter continuare a leggere il libero pensiero di chiunque, non importa se a volte confuso o ineducato, diversamente non farei e non sarei un avvocato.   L’articolo di Deaglio pubblicato sul Venerdì di Repubblica Verso la fine di maggio del 2018 venne annunciato agli italiani che, dopo un lungo lavoro di trattativa in cui si era «fatta la Storia», era nata la Terza Repubblica. Venne incaricato di formare il governo uno sconosciuto professore di dritto privato, che annunciò che sarebbe stato l’Avvocato del popolo, chiarendo che avrebbe fatto il mestiere gratis, senza chiedere anticipi sulla parcella. I promotori della Terza Repubblica aggiunsero che quello era il governo del cambiamento, ovvero del «popolo contro le élites». Nell’attesa - e un po’ anche nel timore - che ci dicessero qualcosa di più, mi sono venute in mente libere associazioni di idee su queste parole. Avvocati. Dai tempi di Cicerone l’Italia è un paese di avvocati, detti anche pagliette. In tempi recenti alcuni erano famosi. L’avvocato Gianni Agnelli, che creò una moda perché teneva l’orologio sopra il polsino; l’avvocato Paolo Conte di Asti (toh, stesso cognome) che ancora adesso suona il jazz e ci rende felici; l’avvocato Giovanni Leone, originario di Pomigliano d’Arco pure lui, che divenne addirittura presidente della Repubblica: l’avvocato Cesare Previti, un tipo piuttosto disinvolto che anche lui fu al governo. Si dice, nel linguaggio quotidiano: andiamo per avvocati, mi metto l’avvocato, ho un buon avvocato, oppure si invoca la Madonna: orsù dunque avvocata nostra. Per consolarsi quando uno viene condannato, dice: «Colpa mia, avevo preso l’avvocato Massimo Della Pena». Il Popolo è il cliente dell’avvocato. Speriamo che si comporti bene, il rapporto cliente- legale è molto importante. Bisogna dire la verità all’avvocato? Non sempre. Ma poi ‘sto benedetto popolo: di che cosa è accusato se si fa addirittura una nuova Repubblica per difenderlo? E che popolo è? Popolino? Popolo bue? Popolo padano? Popolo terrone? Popolo che soffre? Non si capisce bene. Ma comunque sia chiaro: è popolo bianco, ariano. L’avvocato non accetta clienti dalla pelle scura. Chi è il nemico del popolo bianco?  L’élite. L’élite è: banchieri,possessori di vitalizi, giornaloni, giornalisti, banchieri, ebrei, amici dei negri, europei, buonisti. E anche papa Francesco, che ha esagerato. Per difendere il popolo, l’avvocato si affida a un economista. Deve scegliere tra una vasta rosa di disponibili: un sacco di professori che vogliono mettere in pratica le loro teorie. Ognuno ha la sua ricetta fantastica, risolutiva. Non si pagano i debiti, si rompe con Bruxelles, ci si appoggia a Putin, si torna alla lira, si stampa moneta, si fa cassa con un condono, si paga il sussidio a tutti, si abbassano le tasse ai ricchi, così spendono; si buttano fuori mezzo milione di neri, così i bianchi fanno il lavoro che hanno sempre sognato: sguattero, raccoglitore di pomodori, badante, pusher. Se ci sono problemi, ci pensa la polizia. Beh, sai che ti dico? Può funzionare. (Questi sproloqui mi sono venuti in mente per non dover affrontare il fatto che - ufficialmente ormai - l’Italia ha il suo primo governo populista. E che questo è andato al potere senza particolari opposizioni).