«Chiediamo a Lollobrigida di ritirare immediatamente la sua assurda proposta di legge che vieta la carne coltivata. Più volte ne abbiamo denunciato l’inapplicabilità, nonostante la furbizia, poca, del ministro che non ha rispettato la procedura Tris pensando di aggirare l’ostacolo Commissione europea. Succede però che l’Ungheria, che ha presentato un’identica proposta di legge rispettando però tutta la procedura richiesta in Europa, se l’è vista bocciare. Sarebbe accaduta la stessa identica cosa se Lollobrigida avesse seguito le procedure dovute».

A dirlo è il deputato Alessandro Caramiello, capogruppo del M5s in commissione Agricoltura, dopo che la Commissione Europea ha espresso un parere circostanziato sul disegno di legge proposto dall’Ungheria che vieta produzione e vendita di carne coltivativa, carne prodotta in laboratorio a partire da cellule animali. Un parere che, spiega l’Associazione Luca Coscioni, sostanzialmente «boccia» la proposta di legge.

«Lo ha potuto fare perché almeno l’Ungheria, a differenza dell’Italia, ha rispettato le procedure che il governo italiano aveva furbescamente bypassato, che prevedono il parere della Commissione su proposte di legge che incidono sulle regole del mercato unico. E il bando alla carne coltivata incide negativamente, ha rilevato la commissione, “in quanto potrebbe precludere la procedura di autorizzazione armonizzata per i nuovi alimenti a livello Ue, che prevede una valutazione scientifica da parte dell’Efsa”», attacca il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova. «Esattamente quello che avevamo provato a spiegare inutilmente al ministro Lollobrigida, alla sua maggioranza e ai suoi sostenitori di Coldiretti, che in quell’occasione provarono anche a buttarla letteralmente in rissa - aggiunge -. E quindi oggi la legge di Lollobrigida è inapplicabile perché non ha rispettato la procedura Tris, è inapplicabile nella parte che vieta il meat sounding dopo una sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue, e oggi è definitivamente inapplicabile dopo il giudizio negativo della Commissione europea su quella identica proposta dall’Ungheria».

«Caro ministro Lollobrigida, caro Prandini, ci avete provato ma, come vi avevamo preavvisato, è andata male. Ora resta che ritirare una legge insensata e contraria al diritto europeo, fonte di contenziosi e inutili costi per le imprese, oltre che ispirata a una visione medievale dell’innovazione e del progresso. Fatelo prima che le inevitabili procedure di infrazione condannino l’Italia e i suoi cittadini contribuenti a pagare un costo ulteriore per le vostre fissazioni ideologiche», conclude Della Vedova.

L’Ungheria è il secondo paese Ue, dopo l’Italia, ad aver prodotto un divieto di questo tipo. E come spiega sempre la Coscioni in una nota, anche la normativa italiana fortemente voluta dal ministro della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, analoga a quella ungherese, è da ritenersi «bocciata» dalla Commissione nella sostanza, dopo che la Commissione l’aveva già fatto nella forma, per inosservanza dell’iter della procedura TRIS.

Si tratta del secondo affondo alla legge Lollobrigida, dopo che di recente la Corte di Giustizia dell’Unione europea aveva dichiarato illegittima la normativa francese, analoga a quella italiana, che proibiva l’uso di denominazioni riferite alla carne (polpette, hamburger, ecc.) per alimenti a base vegetale. Nel parere, tradotto sul sito dell’Associazione Coscioni, la Commissione Europea motiva la sua contrarietà al provvedimento.

«Non è ancora stata concessa alcuna autorizzazione per prodotti di carne coltivata in laboratorio; pertanto, questi prodotti non possono essere messi sul mercato nell’Unione. Un divieto è quindi superfluo, poiché attualmente il divieto di commercializzarlo deriva dalla legislazione dell’Unione e si applica a tutto il territorio dell’Unione» ed aggiunge che «un divieto è ingiustificato, poiché potrebbe precludere la procedura di autorizzazione armonizzata per gli alimenti innovativi a livello dell’UE, che include una valutazione scientifica da parte dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare)».