Un processo farsa, così Svetlana Tikhanovskaya ha definito il procedimento in contumacia a suo carico iniziato ieri a Minsk, capitale della Bielorussia. La donna quarantenne si trova in esilio a Vilnius, in Lettonia, ed e di fatto la figura più rappresentativa dell’opposizione contro Alexandr Lukashenko, il presidente che governa il paese bielorusso con il pugno di ferro ed e considerato l'ultimo dittatore d'Europa.

È stata l'agenzia di stampa statale, Belta, a riportare le pesantissime accuse che vanno dall'alto tradimento alla creazione di una organizzazione estremista che equivale a condanna certa. Lo stesso Lukashenko infatti, due anni fa, aveva inserito nel codice penale una fattisecie di reato abbastanza ambigua che va sotto la definizione di tentato terrorismo. Ora Tikhanovskaya rischia dunque fino a quindici anni di reclusione se riconosciuta colpevole.

Le ragioni dell'accusa sono palesemente dettate da una volontà di vendetta e di zittire qualsiasi voce dissidente in Bielorussia, Tikhanovskaya si era candidata proprio contro Lukashenko nelle elezioni presidenziali del 2020, il vecchio leader ufficialmente ha vinto con l' 80% dei voti, ma secondo molti osservatori questo risultato e stato determinato da massicci brogli elettorali. Nei mesi seguenti la Bielorussia è precipitata in uno stato di forte instabilità con proteste di massa pacifiche che però sono state represse dal regime con grandi ondate di arresti.

Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani, compresa la più conosciuta Viasna, hanno stimato che attualmente in Bielorussia sono almeno 1438 i prigionieri politici finiti in carcere per il loro attivismo. Ieri Tikhanovskaya ha parlato dalla località svizzera di Davos a margine del World Economic Forum dichiarando di non aspettarsi un giudizio equo: «In Bielorussia non ci sono prove oneste. Viviamo nell'assoluta illegalità nel nostro paese, quindi il processo sarà una farsa e uno spettacolo, ma non ci sarà una vera giustizia».

L'accusata ha chiesto le carte processuali all'avvocato nominato dal tribunale ma le è stato negato ogni accesso agli atti. Anche le parole dell'ufficio del procuratore generale non fanno ben sperare: «Tikhanovskaya, mentre si trovava sul territorio della Repubblica di Lituania, si è proclamata vincitrice delle ultime elezioni... è l'unico leader nazionale eletto dal popolo bielorusso».

Lunedì, un giorno prima dell'inizio del processo, le autorità hanno presentato nuove accuse contro il marito di Tikhanovskaya, un video blogger di 44 anni, arrestato nel 2020 mentre tentava di candidarsi contro Lukashenko. E stato questo il motivo per cui la donna ha deciso di raccogliere il testimone del consorte presentandosi alle elezioni. Tikhanovskaya anche se non risulta essere inserita in una lista internazionale dei ricercati e perseguita anche in Russia in virtù degli accordi che intercorrono tra Mosca e Minsk. In realtà il Cremlino non sembra avere troppo interesse ad intromettersi. Ma il giro di vite contro l'opposizione bielorussa non si allenta.

Sotto processo sono finiti anche l'attivista per i diritti umani e premio Nobel per la pace Ales Bialiatski e altri due con l'accusa di finanziamento di proteste e contrabbando di denaro. Accuse che comportano da 2 a 12 di carcere. Il 9 gennaio poi è iniziato il procedimento a porte chiuse contro la stampa indipendente. Alla sbarra Marina Zolotova e Lyudmila Chekina, due ex direttrici generali del giornale indipendente bielorusso Tut. by, chiuso dal regime di Lukashenko nel maggio del 2021.

Su di loro pende un'accusa di evasione fiscale, attività mirata all'odio sociale e incitamento a minare la sicurezza nazionale anche se sono considerate universalmente prigioniere politiche.