Politica forense e politica nelle istituzioni serrano i ranghi sulla vicenda dei diritti di copia della documentazione relativa al processo sul crollo del ponte di Morandi a Genova. Il costo esorbitante, 750mila euro, per l’acquisizione del fascicolo del pubblico ministero ha fatto gridare allo scandalo tanto la difesa degli imputati quanto quella delle parti civili. Ancora una volta a metterci lo zampino è la burocrazia, che, però, oltre ad allungare la catena dei procedimenti, determina cifre stellari. Il coordinatore dell’Organismo congressuale forense (Ocf) Sergio Paparo è intervenuto, ponendo l’accento sulla circolare del 18 maggio del Dipartimento Affari di giustizia, secondo la quale i documenti di indagine contenuti nel Tiap-Document@ (l’app che gestisce i fascicoli digitalizzati delle Procure) non sarebbero accessibili autonomamente per i difensori. Da qui la necessità dell’intervento del personale amministrativo per effettuare alcune verifiche e provvedere alle autorizzazioni ai fini della ostensibilità della documentazione, che giustifica da parte delle segreterie, secondo le tabelle vigenti, la richiesta di diritti di copia anche senza conformità e in formato digitale. «La circolare del Dipartimento - dice Paparo - è ingiusta nel senso costituzionale del termine, e ne chiediamo la revisione non solo perché contrasta con le finalità del cosiddetto portale del penale telematico le cui prime sperimentazioni consentono di ottenere e scaricare le copie, dopo una semplice procedura di upload della richiesta di abilitazione e il conseguente download del file con le copie, ma anche perché in casi come quello del processo Morandi finisce col compromettere gravemente il diritto di difesa delle parti. Di tutte le parti, costrette a pagare, data l’imponenza del fascicolo, somme spropositate e paragonabili in ordine di grandezza a quelle che potrebbero essere oggetto di una condanna al risarcimento danni». Il deputato Devis Dori ha presentato a tal riguardo un’interrogazione. «La mia iniziativa – dice al Dubbio il parlamentare di Europa verde – mira a conoscere se la ministra della Giustizia sia al corrente di quanto accaduto ai difensori impegnati nel processo del ponte Morandi, se intenda dare immediati chiarimenti e quali azioni intenda porre in essere al fine dare un’interpretazione delle norme orientata a garantire l’effettivo e concreto diritto di difesa». Qualche settimana fa il Coa di Milano e la Camera penale del capoluogo lombardo si sono mobilitati. «Hanno inviato - aggiunge Dori - una lettera alla direzione generali Affari interni e alla direzione generale per i Sistemi informativi automatizzati del ministero della Giustizia, al fine di esortare i competenti uffici a chiarire la portata applicativa della circolare e a fornirne un’interpretazione coerente rispetto alle stesse norme richiamate».