L'Arabia Saudita nega ma le prove sulle sue responsabilità nella sistematica morte di migranti stanno diventando ogni giorno più schiaccianti.

Le guardie di frontiera del regno wahaabita compiono ogni giorno massacri di migranti che tentano di attraversare il confine settentrionale con lo Yemen. Sperano di arrivare nella ricca Arabia Saudita spinti dalla povertà, sono in maggioranza etiopi che affrontano un viaggio pericoloso, partendo via mare dal Corno d'Africa fino a una frontiera dove ad attenderli c'è molto spesso la morte. Sono in larga parte cittadini etiopi in fuga dalla povertà e dai conflitti che cercano fortuna nella ricca nazione araba per farlo sono disposti a vivere un’autentica odissea che spesso termina tragicamente.

Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite, più di 200mila persone ogni anno si mettono in movimento con il rischio di rapimenti e pestaggi lungo la strada, anche la traversata sul mare e pericolosa come dimostra il naufragio avvenuto nel giugno scorso al largo delle coste di Gibuti dove sono morti 24 migranti.

«Ma il vero rischio è quello di rimanere vittime delle guardie saudite», a scoperchiare questa tragica realtà, un rapporto di Human Rights Watch che descrive abusi di diversa entità e natura da parte delle autorità di Ryad. Il documento intitolato They Fired On Us Like Rain, contiene testimonianze esplicite di migranti che affermano di essere stati colpiti e presi di mira con armi da fuoco dalla polizia e dai soldati sauditi.

Si parla di terrificanti traversate notturne durante le quali grandi gruppi, tra cui molte donne e bambini, sono finiti sotto il fuoco mentre tentavano di attraversare il confine. Molti di loro vengono picchiati a sangue con mazze e bastoni e trovano la morte nel più barbaro dei modi.

Il rapporto, che copre il periodo che va da marzo 2022 a giugno di quest'anno, descrive 28 incidenti nei quali è stato registrato l'uso di armi esplosive e altri 14 relativi a sparatorie a distanza ravvicinata.

«Ciò che abbiamo documentato sono essenzialmente uccisioni di massa», ha spiegato l'autrice principale del rapporto, Nadia Hardman la quale ha anche affermato di aver «visto centinaia di immagini grafiche e video».

Secondo il lavoro di HRW è impossibile stimare quanti migranti siano stati uccisi lungo il confine, infatti la lontananza dei valichi di frontiera e la difficoltà di rintracciare i sopravvissuti rendono arduo riportare dei numeri precisi. Da un minimo di 655 a diverse migliaia.

Eppure i rapporti su uccisioni diffuse perpetrate dalle forze di sicurezza saudite erano emersi già per la prima volta lo scorso ottobre in una lettera di esperti delle Nazioni Unite indirizzata al governo di Ryad.

Nella missiva veniva evidenziato un modello sistematico di omicidi su larga scala compiuti in maniera indiscriminata, usando artiglieria e armi leggere.

Nonostante la natura orribile delle accuse, la lettera è rimasta in gran parte inascoltata. Il governo saudita ha negato, trincerandosi dietro laconiche dichiarazioni secondo le quali sulla base delle limitate informazioni fornite le autorità all'interno del Regno non hanno scoperto informazioni o prove per confermare o dimostrare le affermazioni dell ONU.

Ma il mese scorso, il Mixed Migration Centre, una rete di ricerca globale, ha pubblicato ulteriori documenti sulla catena di abusi e violazioni che avvengono lungo il confine, Anche secondo questo rapporto emerge una realtà drammatica con descrizioni grafiche di cadaveri in decomposizione sparsi in tutta l'area, migranti catturati a cui viene chiesto dalle guardie di frontiera saudite in quale gamba vogliono essere colpiti, e mitragliatrici e mortai usati per attaccare persone terrorizzate.

Human Right Watch si sofferma anche su ciò che succede in Yemen dove è stata provata l'esistenza di veri e propri campi di sterminio gestiti dai ribelli Houthi che controllano la maggior parte della zona settentrionale del paese.

Le prime notizie risalgono a almeno due anni fa quando decine di migranti morirono in un incendio che distrusse un centro di detenzione nella capitale, Sanaa.

Le rotte yemenite sono così disseminate di cadaveri, in particolare nella zona di Monabbih dove i migranti sono detenuti per essere scortati al confine da trafficanti armati che lavorano a fianco delle stesse milizie.