Continua a essere pesante il clima all’interno del Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati, il “parlamentino” delle toghe. A pochi mesi dalla sua naturale scadenza, le elezioni per il rinnovo sono state già fissate per il prossimo 22 marzo, si è dimesso lo scorso fine settimana Antonio Saraco, giudice presso la Corte di Cassazione ed esponente di Unicost, la corrente di centro della magistratura.

Non intendo «sottrarre parte del mio tempo al lavoro e alla famiglia per spenderlo in un consesso in cui si è praticata la giustizia sommaria», la secca motivazione dell’ormai ex componente dell’Anm.

Il Dubbio ha contattato ieri il giudice Saraco il quale ha confermato la «irrevocabilità» della propria decisione.

Le sue dimissioni, comunque inaspettate, fanno tornare di attualità la vicenda che ha coinvolto a maggio l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara e cinque consiglieri del Csm, intercettati mentre discutevano di nomine di uffici giudiziari durante una cena con i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti.

Una vicenda su cui si è cercato di far cadere molto velocemente il sipario. Ma a parte i tentativi di rimozione collettiva di quanto accaduto, l’episodio che ha terremotato il Csm è evidentemente ancora un nervo scoperto per la magistratura. O almeno per una parte delle toghe in dissenso dalla deriva “giustizialista” che contraddistingue il nuovo corso del sindacato togato.

Esploso lo scandalo, sono infatti scattate le epurazioni all’interno dell’Anm. Sia a livello centrale che nelle sezioni locali. I primi ad essere colpiti sono stati gli esponenti di Magistratura indipendente, la corrente di cui facevano parte tre dei cinque consiglieri presenti agli incontri con Ferri e Lotti. Gli altri due erano di Unicost. I rappresentanti di “Mi” vennero subito espulsi dalla giunta Anm.

Pasquale Grasso, l’allora presidente del “sindacato”, eletto proprio sotto le insegne di “Mi”, venne addirittura sfiduciato con l’accusa di non aver preso distanze sufficienti nei confronti dei colleghi coinvolti. A ruota, sono poi finiti nel mirino tutti i magistrati che erano legati in qualche modo a Palamara e Ferri.

La nuova dirigenza di Unicost ha già anticipato di volersi costituire parte civile nei confronti dei suoi due ex consiglieri del Csm, Luigi Spina e Gianluigi Morlini, presenti agli incontri. “Mi” non ha adottato alcun provvedimento. Anzi, inizialmente aveva sollecito i suoi tre eletti a Palazzo dei Marescialli a non dimettersi.

Il procedimento disciplinare nei confronti dei cinque consiglieri, accusati di aver dato discredito alla magistratura, ad oggi non è ancora iniziato. Solo nei confronti di Palamara è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio. Lo scorso 3 dicembre si è tenuta l’udienza davanti alle Sezioni unite della Cassazione per decidere il ricorso del pm romano contro tale provvedimento. Palamara, che inizialmente non aveva trovato alcun collega disponibile a difenderlo, dovrebbe invece essere assistito da due colleghi molto esperti di procedimenti disciplinari al Csm, il cui incarico però non è ancora stato formalizzato.