Nulla cambia perché nulla cambi. Come era previsto i due candidati alla Casa Bianca per le presidenziali di novembre saranno Joe Biden e Donald Trump, come quattro anni fa. Entrambi senza rivali all’interno di due schieramenti incapaci di rinnovare la propria leadership. Malgrado una strenua resistenza Nikki Haley, l'ex ambasciatrice degli Stati Uniti all'Onu, ha gettato la spugna e si è ritirata dalle primarie. Ha sospeso dunque la sua campagna elettorale giocoforza dopo i risultati, inequivocabili del super martedì.

Trump però ha registrato performance sbalorditive: ha prevalso con un margine del 70% in Alabama, del 61% in Texas, con circa il 70% dei voti in California. Gli exit poll hanno mostrato un forte sostegno tra gli elettori conservatori alle posizioni trumpiane sull'immigrazione, un argomento già in prima linea nell'agenda politica del 2015 e che tornerà al centro della corsa alla Casa Bianca.

Biden invece ha altrettanto stravinto le primarie democratiche in 14 stati, più l'Iowa, dove si è votato per posta anche se ha perso nel territorio delle Samoa americane per 11 voti. I due contendenti appena chiuse le urne sono subito passati allo scontro e agli insulti reciproci, niente di strano o nuovo in questo senso ma probabilmente il dato fondamentale che emerge è un altro: l'età dei candidati.

Trump ha 78 anni e Biden 82, una circostanza che segnala come il sistema politico americano sembri essersi involuto non riuscendo a fornire un ricambio generazionale. Al momento della sua elezione nel 2009, Obama aveva 48 anni e neanche Bush Jr era così attempato, una realtà completamente diversa alla quale si aggiunge il fatto che dopo 5 anni si assiste a un nuovo scontro tra gli stessi candidati.

Sia Biden che Trump hanno sbaragliato i loro contendenti (il candidato Biden era pressoché sicuro dall'inizio), nel campo repubblicano ne DeSanctis ne Haley hanno mai goduto dei favori del pronostico. La stessa Kamala Harris, vice dell'attuale presidente, non ha mostrato volontà di partecipare alla corsa e molti elettori dem si sono rifugiati nella suggestione presto naufragata di una candidatura di Michelle Obama.

Le cause di una tendenza alla "gerontocrazia" forse possono essere attribuite a un sistema politico che anche agli stessi elettori, per lo piu giovani, appare sbarrare la strada a figure innovative. Anche personaggi radicali come Ocasio Cortez tra la sinistra democratica non hanno avuto la forza o l'opportunità di alzare la loro bandiera.

Sembra quasi che manchi quella spinta ideale tale da sparigliare il tavolo e sovvertire i pronostici. Sia le nuove leve repubblicane che democratiche paiono perfettamente allineate agli ordini di scuderia dei rispettivi partiti e lasciano trasparire solo mal dipancia sommessi.

La corsa dunque è lasciata a candidati anziani che in qualche modo attireranno il voto di elettori altrettanto stagionati, lo dimostrano anche i temi che presumibilmente saranno al centro della campagna elettorale: immigrazione ed economia. Anche la stessa politica estera, sebbene gli Usa siano attualmente impegnati in almeno due teatri di crisi come l'Ucraina e Gaza, non sono centrali. Lo stesso si dica per i diritti civili nonostante argomenti come l'aborto che ha fortemente diviso il paese.

Questo perché sia Trump che Biden sembrano puntare sulle paure dei cittadini, uno insegue l'altro con accenti piu o meno populisti e gli stessi possibili outsider dei differenti campi non si discostano da questo modus propagandistico salvo rare eccezioni inevitabilmente sconfitte. I candidati anziani sembrano dunque interpretare meglio il sentimento americano attuale, "no hope" (nessuna speranza verso il futuro) ma conservazione dell'esistente.

Ad esempio tra i repubblicani pare esistere una continua disaffezione nei confronti dell'ex presidente, in particolare proprio tra le nuove generazioni delle periferie e con un'istruzione universitaria che hanno scelto Nikki Haley.

Anche tra i democratici il sostegno a Biden è stato incrinato da un notevole voto di protesta in Michigan (i giovani gli rimproverano l'appoggio a Israele nella guerra di Gaza e non sono rare le manifestazioni universitarie per un cessate il fuoco, un fenomeno che ha rialzato la testa anche in stati come il Minnesota e la Carolina del Nord. Ma il corpaccione elettorale di entrambi i partiti sembra ancora disposto a mangiare la solita minestra riscaldata.