La diffusione degli smartphone, che consentono di partecipare ai social media, rivoluziona la scena politica, dando luogo a una comunicazione soggettiva anziché oggettiva come quella dei media del ’ 900.

La diffusione degli smartphone, che consentono di partecipare ai social media – Facebook e Instragran e Twitter e You Tube- rivoluziona anche la scena politica, dando luogo a una comunicazione soggettiva parlata e visuale personalizzata anziché prevalentemente oggettiva e spersonalizzata come quella dei media del novecento: giornali, riviste, radio, televisione, notiziari e documentari cinematografici.

I social media consentono il dialogo in luogo del monologo con singoli membri del pubblico. Questi possono interagire con chi manda i messaggi. Essi ampliano la audience raggiungibile dalla comunicazione: in linea di principio, tutto il globo. La loro comunicazione può avvenire in ogni momento della giornata, in cui si può usare il telefono portatile. Nel Rapporto del 2017 “Social networks and populism in the EU – a comparative study” della Fondazione Jaques Delors, già nel 2016 in Italia il 70% dei giovani seguiva i social media e almeno una volta la settimana lo faceva per un orientamento politico. Le visite però non riguardano solo soggetti politici, riguardano anche e soprattutto personaggi delle spettacolo, della moda, dello sport, della cultura e della religione. I messaggi parlati e visuali e i post, dei siti dei diversi soggetti, sono quelli della giornata e anche quelli passato, rimasti nel magazzino della rete.

I social media sono strapieni di soggetti, che li usano per le loro comunicazioni. Il tempo di ogni potenziale visitatore è limitato, anche se varia fra i diversi utenti in base a circostanze, come la disponibilità di tempo libero dalla attività del lavoro, delle cure domestiche e soprattutto secondo l’età. Le visite ripetute dei social media, da chi le pratica, vengono fatte solo se ve ne un desiderio importante, ossia, nel caso della comunicazione politica, innanzitutto se si è interessati alla politica E, ciò premesso, solo verso soggetti particolarmente noti ed interessanti.

Il fatto che l’accesso interattivo ai social media si indirizzi a dati soggetti anziché ad altri, che vi compaiano non implica, che i followers siano ad essi favorevoli. Analogamente, il fatto che si ascolti abitualmente un dato telegiornale o si compri un dato giornale, non implica che se ne condividano le opinioni. Una parte dei visitatori del sito di un dato soggetto lo fa perché simpatizza per quella persona o entità o per ciò che rappresenta, una parte per desiderio di informazione o meglio curiosità, una parte perché vi è avversa. La schiera degli avversari include anche i dissenzienti, che mandano messaggi negativi talora anche ingiuriosi: una ampia categoria di followers, che in Italia prendono il nome di “leoni della tastiera”.

Vi è per i sostenitori e per i contrari una situazione di strategia di scelta in regime di grandi numeri col dilemma del “viaggiatore sul mezzo pubblico”. Quando non ci sono controlli, il singolo che si astiene dal pagare il biglietto non influisce sul risultato finanziario globale, perché il suo minuscolo apporto si perde nel grande totale. Però il viaggiatore può sentire un obbligo morale di pagare il biglietto.

Applichiamo questo schema alla scelta se diventare frequenti visitatori del sito di un dato soggetto. Il partecipare, dal punto di vista del singolo decisore, non cambia il risultato. Solo i “fan” che sentono desiderio intimo di partecipazione e coloro che sono particolarmente attratti dalla visita al sito come spettacolo tendono a diventare followers frequenti del sito del soggetto, persona fisica o ente considerato. I dissenzienti si trovano in una situazione opposta, in quanto, quando il sito ha già molti seguaci, un visitatore in più non aumenta i suoi followers e quindi la sua importanza, ciò facilita la loro partecipazione se vogliono godersi lo spettacolo, mentre non avvantaggia il titolare del sito. Quelli fanaticamente avversi parteciperanno volentieri al gioco per poter esprimere il loro dissenso, come leoni da tastiera, facilitati dal fatto che, nel gioco di grandi numeri, di loro è difficile accorgersi e quindi non rischiano gran che. Ovviamente, però l’incremento dei commenti avversi, irrita i fan, che infittiscono le loro viste.

Ecco così che vi è un effetto di moltiplicazione delle visite al sito e di commenti favorevoli che attraggono nuove risposte contrarie dei leoni da tastiera. Tutto ciò accresce lo spettacolo e vi attrae nuovi spettatori. Si sostiene che ciò favorisce i movimenti populisti e i sovranisti perché i loro leader che compaiono nei social media si rivolgono direttamente alla massa popolare, con messaggi brevi e semplici accessibili anche a un largo pubblico.

Il sistema parlamentare con i suoi “giochi politici” e con i suoi “costi e privilegi” viene messo sotto accusa. In un certo senso vi sarebbe una quasi automatica analogia con i discorsi alla folla dei leader politici del passato, quando essa interagiva con applausi e fischi e con canti e slogan. Molti leader populisti in effetti, nel passato si sono affermati arringando la folla. E la comunicazione parlante visiva nei social media ha due caratteristiche simili a quelle dei loro discorsi alla folla: sinteticità del messaggio parlato e visivo; semplicità che lo rende accessibile a persone con un modesto o ( quasi) nullo livello di istruzione. Questa tesi, oramai molto diffusa, viene utilizzata dai partiti di sinistra e di centro destra liberale, per giustificare la propria difficoltà di raccoglier consenso, nella confusione politica creata dai messaggi dei populisti, di democrazia diretta, di demagogia, di superamento della dicotomia destra sinistra.

Per l’Italia ciò può sembrare comprovato dal fatto che Matteo Salvini, leader della Lega, un tempo del Nord ora dell’Italia, anzi degli italiani, ha 3,7 milioni di seguaci su Facebook e 1,6 milioni su Instagram, mentre i leader dei partiti di sinistra e di centro destra sono quasi assenti dai social media, salvo due eccezioni, che possono confermare la regola. Matteo Renzi, il leader della sinistra con più seguaci nella social network, ha 1,1 milioni di followers su Facebook, e 193 mila su instagram. Dopo la sua caduta politica e il suo isolamento nel PD, rimane un leader, facendo uso dei social media. Silvio Berlusconi ha un milione e 1,1 mila followers su Face book e 201 mila su Instagram. Meno di Salvini, ma bisogna considerare che la parsimonia delle sue apparizioni con post su Facebook e con foto su Instagram si spiega col fatto che è stato oggetto di uno sterminato numero di processi indiziari ed è stato espulso dal parlamento con l’applicazione retroattiva della legge Severino.

Eppure, è ancora il leader della coalizione di centro destra e ciò ha consentito ad essa di dilatarsi nei governi regionali e comunali di tutta l’Italia. Inoltre, mentre i leader della Lega- Salvini a parte- hanno una scarsa presenza nella social network, il movimento 5 Stelle è diventato il maggior partito italiano usando la comunicazione mediatica. Vanta parecchi personaggi con molti followers nei social media a cominciare da Luigi di Maio che ha 2,2 milioni di followers su Facebook e 820mila su Instagram. Beppe Grillo ha 1,9 milioni di seguaci su Facebook e nessuno su Intagram, ma è abituato a farsi ritrarre da altri media, su altre piattaforme. Alessandro di Battista, è presente con 1, 5 milioni di followers su Facebook e 239 mila su Instagram, ove ha molte più occasioni di comparire, perché, assente dalla politica attiva, vi presenta la sua vicenda privata. Anche Virginia Raggi ha 937 mila seguaci su Facebook e 224 mila su Instagram, a dimostrazione del fatto che i personaggi controversi attirano molti followers simpatizzanti e molti avversari. Giorgia Meloni ha 1,1 milioni di followers su Facebook e 335 mila su Instagram. Salvini, i 5 Stelle, Fratelli di Italia, populisti e sovranisti, possono costituire una prova del fatto che i nuovi media sono uno strumento ideale per il rapporto diretto col popolo.

Ma resta da dimostrare che non lo possano fare i nuovi leader dei partiti di centro destra liberali e quelli di sinistra che sono praticamente assenti sia da Facebook che da Instagram. Romano Prodi, capo storico del centro sinistra ha solo 13.710 followers su Facebook e non è presente su Instagram, Enrico Letta che ha guidato il penultimo centro sinistra ha 84 mila followers su Facebook, non appare su Instagram. Il tecnocrate Mario Monti che lo ha preceduto e traghettato al potere, ed ora è senatore a vita, ha 90 mila followers su Facebook, manca su Instagram. La leader radicale Emma Bonino non ha più di 93 mila seguaci ed è, anche essa assente da Instagram in cui avrebbe molto da mostrare della sua vita. Pietro Grasso, capo della sinistra critica, ex presidente del senato, celebre magistrato anti mafia ha solo 155 mila seguaci su Facebook.

I leader del centro destra liberale hanno risultati migliori, ma modesti, anche perché fanno pochi post. I sindacalisti, che nel novecento si sono affermati coi discorsi nelle piazze, ora non si rivolgono ai lavoratori coi social media. Raffaele Bonanni, sino a poco tempo fa segretario generale CISL ha solo 8.900 seguaci su Facebook e 1.050 su Instagram, Maurizio Landini, popolare leader dei Metalmeccanici e ora segretario generale della CGIL, ne ha un po’ meno di 72 mila e non compare su Instagram. La verità è che sinistra e centro destra liberale sono in grave ritardo.

Dovrebbero studiare il caso dell’alta moda, che ha affrontato un cambiamento analogo, uscendo dalle sue torre d’avorio, con strategie di omnitel e cross channel. Che i social media servano solo al populismo e al sovranismo è smentito dal fatto che Roberto Benigni ha 2,1 milioni di seguaci su Facebook e Roberto Saviano ne ha 2,5 milioni su Facebook, e 690 mila su Instagram. I due registi ed attori, sono portatori di cultura e ideologi politica di sinistra, anti sovranista. Il calciatore Mario Balotelli, che esprime l’esasperazione di chi è vittima del razzismo, ha 9, 8 milioni di seguaci su Facebook e 8,8 su Instagram. Macron, liberale, su Facebook ha 2,4 milioni di followers e 1,3 su Instagram. La populista Marine Le Pen 1,5 milioni e 120 mila. Trump ha24 milioni su Facebook e 13,9 su Instagram, ma i due Obama, Barak e Michelle ne hanno 54 e 17 milioni su Facebook e 23 e 31 su Instagram.

I nuovi media, mentre generano popolarità politica, causano volatilità politica di chi li usa. Matteo Renzi ha perso in poco tempo il suo potere. I 5 Stelle, che non hanno un radicamento di democrazia rappresentativa nel territorio sono in palese declino elettorale. A favore di Salvini depone il fatto che, con la sua comunicazione diretta al popolo, raggiunge anche una quota di ceto medio e può contare sul fatto che il movimento che lui guida è radicato al territorio mediante forme di democrazia rappresentativa fondate sul principio di sussidiarietà, il massimo di vicinanza dei rappresentanti eletti ai cittadini che li eleggono. Però il gioco d’azzardo del grande trapezista non sempre riesce. E ” the show must go on”.