«Sono stato una colomba quando vedevo la possibilità di pace e un falco quando dovevo difendere il mio popolo» diceva di sé Shimon Peres, l'ultimo padre di Israele, morto ieri a 93 anni per le conseguenze di un ictus. Più volte capo del governo, ministro, leader del partito laburista, Presidente dello Stato d'Israele fino al 2014, Shimon Peres veniva da lontano. Figlio di una famiglia ebrea polacca, Peres arriva nell'allora Palestina nel 1934. I primi anni li trascorre nel kibbutz Alumot che aveva contribuito a fondare, dove entra in contatto con David Ben Gurion, il padre d'Israele. È proprio Ben Gurion a scorgere la funzione naturale a cui Peres era destinato: la diplomazia. Ben Gurion lo esenta dal servizio militare e lo fa diventare funzionario del Ministero della Difesa. È questo uno dei primi paradossi della storia di Peres, che non riuscirà a vincere le diffidenze degli israeliani verso un leader che non aveva mai servito l'amato Tsahal, ma senza il quale probabilmente lo Tsahal non sarebbe proprio esistito. Infatti, incaricato di acquistare armi, Peres crea l'esercito più forte dell'area, arrivando anche a convincere la Francia ad aiutare Tel Aviv nella costruzione dell'arsenale nucleare. È sempre Peres a firmare, nel 1963, il primo accordo di compravendita di armi fra Israele e Stati Uniti, per 38 miliardi di dollari. Accordi e armi che ancora oggi contraddistinguono la vita quotidiana di israeliani e palestinesi. Shimon Peres è il più pirandelliano fra i leader d'Israele. Sale e scende da molti carri. Il primo compagno con cui litiga è proprio Ben Gurion, diventato troppo ingombrante per coesistere nello stesso partito, il Mapai. Uscito di scena il vecchio leader, Peres torna all'ovile per trasformarlo nel partito laburista israeliano. Inizia così, è il 1968, la tormentata storia d'amore e odio fra Peres e il suo più grande alleato/rivale, Yitzhak Rabin. Peres è calcolatore, riflessivo, diplomatico quanto carismatico, sognatore e deciso è Rabin. Per cinque volte Peres si presenta alle elezioni, ma mai ottiene una vittoria schiacciante sui rivali del Likud. Rabin invece fa en-plein: due su due. Peres tesse la tela dei governi di Rabin e paga pegno per gli errori. Quando Rabin deve dimettersi da primo ministro per lo scandalo che coinvolge la moglie Lea, Peres gli succede solo per andare incontro all'inevitabile sconfitta nelle successive elezioni del 1977. Passeranno 15 anni prima che il partito laburista vinca di nuovo in solitaria le elezioni, ancora con Rabin. In quel governo Peres è ministro degli esteri ed è il perno su cui si costruiscono gli accordi di Oslo con l'Olp di Yasser Arafat, che valgono il Premio Nobel per la pace per tutti e tre. È il 1994 e l'anno dopo un colono estremista uccide Rabin. Non avrebbe potuto uccidere Peres, perché non è lui il vincitore di Oslo, la faccia da mostrare al pubblico. E perché Peres aveva speso tutti gli anni '70 a difendere i coloni in Cisgiordania. È il momento della nuova giravolta di Peres. Orfano di Rabin, si trova davanti il bellicosissimo Likud di Ariel Sharon che preme per l'utilizzo della forza contro libanesi e palestinesi e raccoglie consensi fra la popolazione. Peres invece parla di un Medio Oriente pacificato, dove la prosperità condivisa avrebbe messo le basi per una convivenza. Non riesce però a dare seguito agli accordi di Oslo. È lui il primo ministro che nel 1996 fa piovere centinaia di missili contro gli Hezbollah libanesi ed è lui a cui è legata la strage di Cana. È un primo ministro di sinistra che gioca alla guerra e così perde le elezioni contro chi la guerra la sa fare davvero: Benjamin Netanyhau e Ariel Sharon, primo ministro e ministro degli esteri del governo a guida Likud. La tensione in Terra Santa sale, Sharon passeggia sulla Spianata delle moschee e scatta la Seconda Intifada, preludio all'elezione dello stesso Sharon a capo del governo. Peres, che aveva scelto di fare un passo indietro, decide di riprendere in mano il partito dopo la sconfitta del 2001. Si forma un governo di unità nazionale, dove Sharon è primo ministro e Peres ministro degli esteri. Eccola, la nuova strana coppia. L'ex ufficiale dell'esercito, l'uomo sospettato di aver permesso la strage di Sabra e Chatila con il premio Nobel per la pace. L'altro premio Nobel, Arafat, viene confinato a Ramallah dalle truppe israeliane e viene tirato su un muro di separazione fra Israele e Cisgiordania. Peres fa parte di quel governo - anche se solo per un anno - e ne difende le scelte. È l'inizio del declino del partito laburista, che nemmeno l'annunciato smantellamento delle colonie nella striscia di Gaza, ordinato sempre da Sharon, contribuisce a fermare. Sono maturi i tempi per l'ennesimo giro di giostra di Peres che nel 2005 lascia il partito laburista per aderire a Kadima, la nuova formazione creata da Sharon. Ancora una volta Peres gioca il ruolo del partner silenzioso è ancora una volta è la morte a privarlo del compagno carismatico. Nel gennaio 2006 Sharon viene colto da emorragia cerebrale ed entra in uno stato vegetativo da cui non uscirà mai più. Peres non può prevenire il naufragio di Kadima alle elezioni e tutto sembra finire qua. Invece nel 2007 viene eletto Presidente dello Stato di Israele, trovando un ruolo a lui consono che non lo obbliga a prendere decisioni nette: «Sono stato considerato controverso per gran parte della mia vita, ma improvvisamente sono diventato popolare. Non so quando ho sbagliato, se allora o oggi» scrive su Haaretz tre mesi dopo la sua elezione. Peres muore da Presidente, muore finalmente amato dagli israeliani, lui che forse avrebbe preferito vivere da tutt'altra parte.