Se Atene piange, Sparta non ride. E così dopo le inchieste di Bari e Torino che hanno chiamato in causa esponenti del Partito democratico, ecco arrivare l’arresto dell’ex consigliere comunale di Palermo di Fratelli d’Italia Mimmo Russo. L’esponente politico, storico referente dei precari palermitani, è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio politico-mafioso, concorso in estorsione aggravata e concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.

Nell’inchiesta, coordinata dalla Dda di Palermo guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, sono indagati anche Gregorio Marchese, definito dal gip la “costola” del politico e figlio dello storico killer di Cosa nostra Filippo Marchese, indagato per estorsione aggravata dal metodo mafioso, e Achille Andò, massone e fratello di un indagato per mafia che deve rispondere del reato di corruzione. I due professionisti sono ai domiciliari.

Ad accusare Mimmo Russo ci sarebbero una decina di pentiti, ma tra le carte dell’inchiesta ci sono alcune testimonianze che risultano a dir poco surreali. Come quella del pentito Filippo Bisconti che avrebbe riferito ai pm della Dda di Palermo alcune rivelazioni dell’ex boss mafioso e poi collaboratore di giustizia Antonino Giuffré. Bisconti racconta: «Mi diceva (Giuffré) sempre che in tutti gli ambienti mafiosi, in tutte le zone, specie in quelle popolari, tipo a Ballarò, tipo al Capo, Vucciria, in queste zona, all’Arenella o Acquasanta, in tutte le zone più popolate c’è qualcuno sempre che fa riferimento ai politici per le campagne elettorali». Una verità che ricorda quelle del “re dell’ovvio” Massimo Catalano, lo storico musicista della banda Arbore, diventato famoso per le sue massime in “Quelli della notte”. Si stenterebbe a credere che uno dei pentiti più importanti della storia mafiosa come Antonino Giuffré abbia potuto rivelare dei fatti così evidenti. Ci mancava solo che dicesse: la mafia esiste.

Mimmo Russo, uomo di destra che in passato non ha disdegnato di appoggiare anche Leoluca Orlando, avrebbe chiesto voti in cambio di soldi, buoni benzina, generi alimentari e posti di lavoro, in supermercati e cooperative, per gli affiliati mafiosi e i loro clan. In decine di verbali i collaboratori di giustizia fanno il suo nome, in centinaia di intercettazioni Mimmo Russo è indicato come politico di cui ci si può fidare.

«Le indagini hanno consentito di acquisire un grave quadro indiziario - dicono i carabinieri di Palermo - in ordine al rapporto di reciproca convenienza esistente tra l’amministratore in carica sino al giugno del 2022 ed esponenti di “Cosa nostra” palermitana».

La vicenda di Palermo conferma, però, l’intreccio tra politica e giustizia, aumentando la confusione nei principali partiti di maggioranza e di opposizione. Sulla vicenda palermitana il presidente cittadino di Fratelli d’Italia, Antonio Rini con un comunicato ha fatto sapere che «Girolamo Russo, da tempo semplice iscritto di Fratelli d’Italia senza più alcun ruolo nelle istituzioni, è stato immediatamente sospeso da Fratelli d’Italia. Avrà l’occasione di difendersi nelle aule di giustizia, ma le accuse lo rendono incompatibile con Fratelli d’Italia».

A Bari si è dimessa l’assessore ai Trasporti, dalla sospensione di Russo da Fratelli d’Italia alle dimissioni dell’assessora ai Trasporti della Regione Puglia, Anita Maurodinoia, anche dagli organismi del Partito Democratico, indagata nell’inchiesta per voto di scambio che ha portato a 10 ordinanze di custodia cautelare, tra le quali il marito Alessandro Cataldo. Fino al ritiro della candidatura di Raffaele Gallo, capogruppo regionale del Pd in Piemonte, non coinvolto a nessun titolo nell'indagine Echidna, che sfiora però per alcuni elementi il padre Salvatore.