Udienze a porte chiuse, contingentate, chiamate ad ora fissa, possibilmente da remoto. Sono queste le recenti disposizioni emanate dal presidente della Corte d’Appello di Brescia, Claudio Castelli, per fronteggiare nelle prossime settimane l’emergenza Covid- 19 e non bloccare completamente le attività giudiziarie in uno dei territori più colpiti dall’epidemia.

Nel settore penale, in particolare, sino al 15 aprile si celebreranno “unicamente le udienze a carico di imputati detenuti, che espressamente lo chiedano, utilizzando le videoconferenze o sistemi di collegamento da remoto”.

“Dal 15 aprile al 30 giugno – prosegue la disposizione di Castelli – le udienze penali verranno contingentate e chiamate ad ora fissa ( non più di tre processi all’ora). Le udienze verranno celebrate in aule grandi, con postazioni per ciascun attore del processo assegnate in maniera rigorosa per garantire la distanza tra i diversi soggetti. In ogni caso le udienze verranno celebrate a porte chiuse”. “Vietato l’uso degli ascensori”, “controllo della temperatura corporea all’ingresso”, “accesso al Palazzo di giustizia solo con mascherina”, le indicazione sanitarie. Stretta anche sugli orari delle cancellerie penali che sino al 30 giugno resteranno aperte due ore al giorno ed accetteranno solo gli atti in scadenza o comunque urgenti.

Provvedimenti, non quelli relativi alle misure igienico- sanitarie, che hanno però sollevato più di una perplessità da parte degli avvocati.

“L’epidemia non deve essere un pretesto per stravolgere le garanzie in nome di un efficientismo spinto”, afferma l’avvocato Andrea Cavaliere, presidente della Camera penale di Brescia.

Il processo “virtuale” è sempre stato criticato dagli avvocati penalisti.

“L’emergenza non ha introdotto il processo a distanza, ma si è limitata ad estendere la partecipazione a distanza alle udienze dei detenuti e di chi è sottoposto a misura coercitiva”, si legge in un comunicato diramato ieri dall’Unione delle camere penali. “Per tutti gli altri soggetti ci si deve recare negli uffici giudiziari”, precisano i penalisti.

“La garanzia del dialogo riservato tra imputato ed il suo difensore è messa a dura prova”, aggiunge l’avvocato Cavaliere.

Il sistema adottato, con l’applicativo Teams fornito dal ministero della Giustizia agli operatori della rete giustizia e accessibile alla Forze dell’ordine e all’avvocatura, crea un’aula “virtuale” nella quale non c’è uno spazio esclusivo per comunicazioni difensive riservate fra l’avvocato ed il suo assistito. Questi ultimi hanno la possibilità di conferire fino a 30 minuti prima dall’udienza, attraverso Teams o attraverso una linea telefonica messa a disposizione, ad esempio nel caso di persona in stato di arresto, dalla polizia giudiziaria. “Durante l’udienza, in concreto, se ho necessità di colloquiare con il mio assistito senza che le altre parti, giudice compreso, ci ascoltino, devo chiedere a quest’ultimo di interrompere il collegamento per il tempo necessario del colloquio. Terminata l’operazione, devo quindi far riattivare dal giudice il collegamento. È evidente che in qualunque udienza, anche per reati che possono sembrare di minore gravità ma sempre destinati ad incidere sulla vita della persona, è continua la necessità di colloqui fra avvocato ed imputato”, sottolinea Cavaliere, con il rischio di “appesantire i tempi dell’udienza”. L’Unione camere penali, al riguardo, parla di “improbabili ed inaccettabili modelli processuali in contrasto con le norme vigenti e con la Costituzione”.

Tanti i punti dibattuti, la “legittimità” di comporre collegi, anche in Corte d’assise, da remoto. Fra i primi uffici giudiziari ad utilizzare il processo “a distanza”, si segnala il Tribunale di Vicenza, dove il presidente Alberto Rizzo introdusse l’udienza da remoto nel settore civile fin dal 2015. Ed è suo anche il primo protocollo per la celebrazione delle udienze in videoconferenza con il rito direttissimo.