"Nessuno vuole chiudere Radio Radicale. Nessuno vuole zittire, silenziare, limitare la libertà di espressione della radio. Chi sostiene il contrario lo fa per ignoranza o per interesse personale, di partito e d'impresa" ma bisogna "rimuovere il velo di ipocrisia sotto il quale si nasconde l'anomalia di una radio privata che si sostiene esclusivamente grazie ai soldi pubblici e che svolge un servizio affidatole a fronte di una proroga per legge senza alcuna valutazione dell'effettivo valore del servizio offerto". Lo scrive su Facebook il sottosegretario all'Editoria Vito Crimi (M5s) che interviene sulla vicenda della radio che rischia di chiudere in assenza del contributo pubblico. "Nessuno - ribadisce - mette in dubbio il prezioso servizio che ha svolto Radio Radicale, un servizio che però avrebbe potuto svolgere in modo analogamente prezioso qualunque altra radio se si fosse trovata nelle stesse condizioni privilegiate di ricevere un contributo pubblico ininterrottamente dal 1994 prima di 5 milioni e poi di 10 milioni di euro l'anno, a cui si aggiungo i 4 milioni di contributo dalla Presidenza del Consiglio, a fronte di una gara e relativa convenzione stipulata il 18 novembre 1994 e poi prorogata per legge senza soluzione di continuità". Per Crimi, "oggi in Italia c'è una radio privata che riceve dallo Stato, ogni anno, 14 milioni di euro. E li riceve senza l'obbligo di dimostrare come li spende. 204 milioni complessivamente ricevuti dal Mise dal 94 senza alcun obbligo di rendicontazione. Li spende tutti per sostenere il servizio pubblico offerto, o con i soldi dei cittadini paga anche il resto delle trasmissioni in palinsesto? C'è inoltre una discrezionalità nella scelta del palinsesto aggiuntivo a quello istituzionale, che conduce a logiche di sostegno a iniziative e ideologie riconducibili ad una forza politica sempre presente sotto varie forme e nomi nel panorama politico italiano e nelle varie consultazioni elettorali e che sarà ancora presente alle prossime elezioni europee". Nessuno, conclude Crimi, "auspica la chiusura di Radio Radicale. Quel che è certo è che la radio non godrà più della posizione di privilegio che oggi le consente di esistere in virtù di un contributo pubblico diretto, che per legge le è stato ricamato addosso, camuffandolo da corrispettivo a fronte di un servizio erogato".