Due settimane di discussione, 200 paesi a confronto, 29mila i partecipanti a vario titolo, ma soprattutto 50 leader mondiali che siederanno allo stesso tavolo. Questo in cifre è la Cop25, la conferenza delle Nazioni Unite che si è aperta ieri a Madrid. La capitale spagnola ospita i negoziatori che dovranno trovare un punto d'incontro per raggiungere l'obiettivo, stabilito dagli accordi di Parigi del 2015, per frenare il riscaldamento globale.

Il via ai lavori è stato dato dalla ministra dell'Ambiente cilena Carolina Schimdt, il vertice infatti doveva tenersi a Santiago del Cile ma le proteste di piazza nel paese sudamericano che vanno avanti da più di un mese hanno consigliato uno spostamento della sede. Propio la Schimdt ha dato il senso vero della Conferenza definita: «La Cop della messa in atto».

Dovranno infatti essere messi in pratica impegni che erano già chiari, il Segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, li ha ricordati: «È cruciale che nei prossimi 12 mesi arrivino impegni nazionali più ambiziosi, in particolare da parte dei maggiori inquinatori, con l'obiettivo di cominciare subito a ridurre le emissioni di gas serra a un ritmo tale da raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050».

Eppure fino ad ora gli sforzi sono stati totalmente insufficenti nonostante più volte è stato sottolineato che il mondo si sta avvicinando ad un “punto di non ritorno”. Per questo nel discorso di apertura Guterres ha ribadito che «di fronte ai cambiamenti climatici bisogna scegliere tra la speranza di un mondo migliore e la resa alle loro devastanti conseguenze». Insomma il tempo è davvero poco, basterebbe il dato fornito dall'organizzazione umanitaria Save the Children che, in un recente rapporto in concomitanza con il vertice, ha parlato di shock climatici che hanno colpito un continente come l'Africa, cicloni anomali hanno spazzato via intere colture lasciando 33milioni di persone alla mercè dell'insicurezza alimentare o alla fame.

Questa settimana poi verrà rilasciato lo studio dell'Organizzazione metreologica mondiale le cui anticipazioni sono più che allarmanti: gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi di sempre, il riscaldamento globale sta provocando l'innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacci artici. Macro fenomeni che diventano però cronaca di tutti i giorni come l'acqua alta record a Venezia o i roghi dell'Amazzonia.

Al vertice partecipa anche una delegazione del Congresso statunitense guidata dalla democratica Nancy Pelosi, una presenza vista da tutti favorevolmente ma che per molti ambientalisti è solo simbolica. Per Jean Su del Centro americano per la diversità biologica «l'America rimane il principale contributo storico all'emergenza climatica e persino i politici democratici non si sono mai impegnati ad assumersi la responsabilità nella giusta misura».

Gesti che comunque fanno a pugni con la decidione del presidente Donald Trump circa il ritiro dagli accordi di Parigi perchè troppo costosi per gli Usa. Una decisione totalmente controcorrennte con quello che sta succedendo a livello planetario, a cominciare dal movimento Friday for Future, che venerdì scorso ha tenuto il suo quarto sciopero globale, per finire con l'attivismo di Greta Thumberg attesa anch'essa a Madrid.