Un lungo, pletorico comunicato che sembra ideato dall’ufficio propaganda del Cremlino per dire semplicemente che il presidente ucraino Volodymir Zelensky al Festival di Sanremo non deve proprio intervenire: «L'Italia ha lanciato da Sanremo successi planetari che celebrano la vita, la felicità e l'amore. Abbiamo appreso perciò con incredulità che, in una delle serate clou dell'evento parlerà Zelensky capo di Stato di uno dei due paesi che oggi combattono la sanguinosa guerra del Donbass. Una guerra terribile».

A scrivere e sottoscrivere queste incredibili considerazioni una minutaglia smarrita di intellettuali tra cui lo storico Franco Cardini, il giurista Joseph Halevi, l’attore Moni Ovadia, il vignettista Vauro, ma anche esponenti politici come il grillino Alessandro Di Battista. Che riescono nel capolavoro retorico di non citare mai, ma proprio mai, le parole «Putin» e «invasione», trasformando l’occupazione militare dell’Ucraina nella «guerra del Donbass» e scaricando le responsabilità del conflitto sulla «brutale repressione della popolazione russofona da parte del nazionalista Zelensky». E ovviamente sulla Nato e all’Occidente che inviano armi a Kiev, «abbaiando ai confini della Russia».

Nemmeno un passaggio sulle fosse comuni di Bucha, sulle centinaia di migliaia di profughi in fuga, sulle città ucraine bombardate senza sosta da quasi un anno. Nel pieno della trance negazionista e mitomane i firmatari del comunicato chiamano a raccolta gli italiani a manifestare con loro davanti al teatro Ariston sabato 11 febbraio data in cui è previsto il videomessaggio di Zelensky: «Invitiamo alla mobilitazione per partecipare a una grande assemblea popolare di piazza». Se non ci fosse da piangere verrebbe da ridere.