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Urbano Cairo, editore di La7
Adesso salta fuori anche, dalle inesauribili migliaia di carte dei “Due Luca” di Firenze, i pm Turco e Tescaroli, che Silvio Berlusconi avrebbe voluto tanto incontrare il presentatore tv Massimo Giletti, ma lui aveva fatto lo sdegnoso e aveva detto di no al messaggero della richiesta. Il quale nega di aver mai fatto quel genere di avance, ma i magistrati non gli credono. È lecito intuire, a questo punto, che qualcuno stia cercando di incastrare Urbano Cairo, editore del Corriere della sera e di La7. È piuttosto evidente, dal momento che gli stanno con il fiato sul collo i pubblici ministeri di Firenze, Luca Turco e Luca Testaroli, che lo hanno sentito come persona informata sui fatti nell’inchiesta sulle bombe del 1993. Ed è già singolare che, a trent’anni da quelle stragi e dopo innumerevoli archiviazioni, ci siano ancora fascicoli aperti.
Ma ancora più paradossale è che, tra la ricerca su una bomba e l’altra, ci sia tempo per chiedere a un editore perché, dopo sei anni di costi altissimi ( saldo negativo di 3- 4 milioni annui) e notevole calo di ascolti, una certa trasmissione della rete La7 sia stata sospesa. E la libera impresa? Perché l’editore dovrebbe render conto delle proprie scelte economiche a magistrati che indagano sui reati di strage? Ma il senso vero di questi interrogatori e di conseguenti articoli di giornale, sempre le solite firme sulle solite testate, è che Urbano Cairo porta addosso le stimmate per aver lavorato in passato al fianco di Silvio Berlusconi, e questo è imperdonabile.
Se lui dice una cosa e uno qualunque come il conduttore di “Non è l’arena”, la trasmissione ormai morta e defunta, dice il contrario, ha ragione il secondo. Anche perché, e soprattutto perché, prima di andare per l’ennesima volta dal magistrato, costui ha consultato un vero oracolo, quel pm Nino Di Matteo, appena reduce dalla sconfitta nell’inchiesta più fallimentare della storia politico- giudiziaria italiana, il famoso processo sull’inesistente “Trattativa” tra lo Stato e la mafia negli anni novanta.
Tutta questa tarantella di notizie e lapidarie certezze emerge dalla consueta valanga di carte che, da trent’anni a questa parte, migrano da un ufficio all’altro, da Palermo a Caltanissetta e poi a Firenze, che è diventata il crocevia di tutto questo smistamento di fascicoli che “odorano” di bombe, anzi di “mandanti”, dal momento che gli autori delle stragi di mafia sono già stati tutti processati e condannati. Ma non finisce mai. Avete presente il movimento che fa la fisarmonica, da un lato all’altro, con una sensazione di avanti e indietro necessaria per produrre suoni musicali? Ecco, queste indagini che riguardano Silvio Berlusconi ( la preda grossa che non viene mollata neppure post mortem) e Marcello Dell’Utri stanno continuando a fare il movimento delle fisarmonica, nell’attesa che qualcosa si spezzi. Che magari il nuovo procuratore capo di Firenze, Filippo Spiezia, possa dare un’occhiata all’attività dei suoi due aggiunti. E magari anche, perché no, che l’ispezione ministeriale che ha già riguardato il pm Luca Turco per la vicenda di Open e di Matteo Renzi e che si è conclusa con una richiesta di azione disciplinare, possa allargarsi fino all’attività apri- e- chiudi del fascicolo sulle stragi. Silvio Berlusconi è stato preso di mira fin dai tempi del suo primo governo del 1994 con la misteriosa “Operazione Oceano”, con cui lo hanno messo sotto controllo gli uomini della Dia. Cui ne seguirono un altro paio. Siamo ancora in terra di Sicilia, quando arriviamo all’archiviazione del 1997 a Palermo. E poi almeno altre tre volte a Caltanissetta e a Firenze, quasi sempre con la richiesta degli stessi pubblici ministeri.
Poi, proprio nel calderone del fallimentare processo “Trattativa”, nel 2019, si scopre che in realtà l’ex presidente del Consiglio è di nuovo indagato, sempre per lo stesso reato e con il sospetto che abbia favorito la mafia, da almeno due anni, in seguito all’intercettazione di vanterie del boss Giuseppe Graviano in carcere. E così continua la fisarmonica, ormai in sede stanziale a Firenze, dove da tempo si è insediato in procura anche il siciliano pm “antimafia” Tescaroli. Ma l’inchiesta langue, e alla fine del 2022 si dovrebbe chiudere con l’ennesima archiviazione. Ma ecco spuntare all’orizzonte il prode gelataio imbonitore Salvatore Baiardo. Plana direttamente, come ospite retribuito, nella trasmissione “Non è l’arena” su La7, la rete di Urbano Cairo.
Il gelataio giocoliere dice di avere una foto di Berlusconi con il generale Francesco Delfino (ormai defunto) e con Giuseppe Graviano. Fa anche intravedere un’immagine sfuocata e al buio in cui Giletti riconosce solo un Silvio Berlusconi giovane, poi, qualche giorno dopo va su Tik Tok e smentisce tutto. Ma gli astuti pm lo hanno intercettato mentre parla al telefono della foto con il conduttore tv e lo accusano di calunnia per la smentita. Con una strana triangolazione procedurale sostengono che è come se avesse imputato a Giletti di aver reso false dichiarazioni ai pm. Ma non basta. I Due Luca vogliono arrestare il gelataio anche per calunnia nei confronti di Gaspare Spatuzza e per favoreggiamento nei confronti di Berlusconi e Dell’Utri. Tutta la storia della foto avrebbe avuto lo scopo di aiutare i due. I magistrati cercano anche di interrogare, dopo aver perquisito la sua casa e il suo studio, l’ex presidente di Publitalia, ma lui si sottrae. Intanto la fisarmonica si allarga.
La fine di questo pezzetto di storia è che la gip di Firenze, Antonella Zatini, respinge la richiesta di arresto nei confronti di Baiardo, ma i pm ricorrono al tribunale del riesame, i cui giudici rinviano la decisione dal 14 luglio al 6 settembre. E depositano tutti gli atti. Nei quali pare, a leggere le solite firme dei soliti quotidiani La Repubblica e Il Fatto, che l’unica notizia interessante, cui Travaglio dedica un’intera pagina, sia una presunta richiesta di Silvio Berlusconi di incontrare Massimo Giletti. Urbano Cairo, che dovrebbe essere il messaggero portatore dell’invito, lo smentisce. Giletti insiste e i Due Luca sono sospettosi. C’è un faro acceso su Urbano Cairo ora, e non è una buona notizia per l’editore. Procuratore Spiezia e ministro Nordio, a voi tutto ciò pare normale, nell’amministrazione della giustizia nel nostro Paese?